La nuova definizione agevolata delle liti tributarie nell’analisi degli esperti del settore

I commercialisti e gli esperti contabili analizzano il contenuto della normativa introdotta dalla Legge di bilancio 2023 sulla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti e la sua applicazione pratica (Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, comunicato 8 marzo 2023).

Nel documento di ricerca pubblicato in data 8 marzo 2023 sul sito istituzionale, il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti e degli esperti contabili si soffermano sulle principali novità introdotte dalla Legge di bilancio 2023 (Legge n. 197/2022, articolo 1, commi 186 – 205) alla disciplina della definizione agevolata delle liti tributarie pendenti, analizzandone, tra gli altri, gli aspetti soggettivi e oggettivi con spunti di riflessione sull’applicazione pratica ai giudizi in corso.

 

Il primo requisito di ammissibilità della definizione agevolata in argomento attiene alla natura soggettiva della controparte coinvolta nelle controversie tributarie: la norma definitoria è applicabile solo se il giudizio veda coinvolta l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (quest’ultima, originariamente non prevista dalla prima versione della norma, è stata aggiunta in sede di approvazione da parte della Camera dei Deputati).

 

Ai sensi del comma 205, inoltre, anche gli enti territoriali, in primis i Comuni, potranno deliberare l’adesione alla nuova definizione agevolata entro il 31 marzo 2023 adottando provvedimenti che, ai soli fini statistici, acquistano efficacia con la pubblicazione sul sito istituzionale degli stessi enti e sono trasmessi al Dipartimento delle finanze entro il 30 aprile 2023. 

 

Occorre che tale status di parte processuale sia posseduto dall’Agenzia delle entrate o dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ovvero degli enti territoriali) al 1° gennaio 2023, data di entrata in vigore della norma.

 

Sono ammessi alla definizione anche i giudizi in cui i suddetti soggetti sono intervenuti volontariamente o chiamati in causa, sempre entro la stessa data. 

 

Dal punto di vista della parte ricorrente, è legittimato a presentare la domanda di definizione agevolata il soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, chi vi è subentrato (ad esempio, un erede), o colui che ne ha la legittimazione (ad esempio, il curatore fallimentare).

 

Riguardo al requisito oggettivo, sono definibili tutte le controversie tributarie, senza alcuna limitazione in merito alla tipologia degli atti impugnabili: la novità principale che si segnala, sotto questo profilo, consiste proprio nel venir meno del riferimento all’atto impositivo quale requisito di carattere oggettivo per la definizione, per cui la nuova “tregua fiscale” riguarda tutte le controversie tributarie in quanto tali, in ogni stato e grado del giudizio, pendenti alla data del 1° gennaio 2023, ossia con atto notificato entro tale termine.

 

Una precisazione particolare viene fatta con riferimento ai giudizi aventi a oggetto le cartelle di pagamento derivanti dalla liquidazione automatizzata delle dichiarazioni annuali che, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, avevano già ammesso al precedente istituto definitorio del 2019, anche se l’articolo 6 del D.L. n. 119/2018 faceva espresso riferimento agli “atti impositivi”. Ne consegue che, essendo scomparso tale limite dalla nuova definizione agevolata prevista dalla Legge di bilancio 2023, devono considerarsi ugualmente definibili anche i ricorsi contro le cartelle emesse a seguito di controlli automatizzati ex articolo 36 bis del D.P.R. n. 600/1973.  

 

Ai sensi del comma 193, sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte le risorse proprie tradizionali comunitarie, l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.

 

Il beneficio derivante dalla definizione è rappresentato dall’annullamento di sanzioni e interessi, a fronte della debenza dell’importo che costituisce il valore della controversia, ovvero di una percentuale di esso secondo lo schema seguente:

  •      ricorso notificato al 1° gennaio 2023: 100% del valore della controversia (comma 186);

  •      ricorso notificato e iscritto a ruolo in primo grado (pendente) al 1° gennaio 2023: 90% del valore della controversia (comma 187);

  •      ricorso accolto in primo grado al 1° gennaio 2023: 40% del valore della controversia (comma 188);

  •      soccombenza dell’Agenzia fiscale (o dell’ente locale che vi abbia aderito) in secondo grado al 1° gennaio 2023: importo dovuto pari al 15% del valore della controversia (comma 188);

  •      ricorso accolto parzialmente al 1° gennaio 2023: 100% del valore della controversia con riferimento all’ammontare del tributo confermato giudizialmente e 40% o 15% con riferimento all’ammontare del tributo oggetto di annullamento giudiziale, a seconda che la sentenza sia stata pronunciata – rispettivamente – in primo o in secondo grado (comma 189);

  •      giudizio pendente in Cassazione, in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale (ovvero dell’ente locale) sia in primo che in secondo grado: 5% del valore della controversia (comma 190);

  •      controversia avente per oggetto esclusivamente sanzioni non collegate al tributo (calcolate in modo autonomo rispetto al tributo): 15% del valore della controversia in caso di sentenza favorevole al contribuente depositata al 1° gennaio 2023, ovvero 40% in tutti gli altri casi (comma 191);

  •      controversia avente per oggetto esclusivamente sanzioni collegate al tributo (calcolate in percentuale rispetto al tributo): zero, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla stessa definizione agevolata (comma 191).

Convenzione Italia Bulgaria per evitare le doppie imposizioni: chiarimenti dall’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Bulgaria (Risposta a interpello n. 244 del 8 marzo 2023).

 

La risposta dell’Agenzia delle entrate arriva a seguito del dubbio sollevato dal Contribuente, residente in Bulgaria, in merito al corretto inquadramento ed al conseguente assoggettamento ad imposizione, del trattamento pensionistico percepito, a seguito dell’assorbimento dell’INPDAP nell’INPS, nell’ambito dell’articolo 16 (pensioni), ovvero dell’articolo 17 (funzioni pubbliche), paragrafo 2, della Convenzione tra l’Italia e la Bulgaria per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge 29 novembre 1990, n. 389.

 

L’Agenzia ricorda che secondo l’articolo 3, comma 2, del Testo Unico delle imposte sui redditi, le  persone  residenti  in  Italia  sono  tassate  sull’insieme  dei  loro redditi  percepiti, indipendentemente  da  dove  questi  siano  prodotti,  mentre,  nel  caso  di  soggetti  non residenti, sono tassati in Italia solo i redditi prodotti nel territorio italiano. Altresì vengono considerati  redditi  prodotti  nel  territorio  dello  Stato  italiano le pensioni e gli assegni ad esse assimilati se corrisposti dallo Stato italiano, da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni nel territorio italiano di soggetti non residenti.

 

In ambito dell’applicazione delle disposizioni, contenute nella Convenzione tra l’Italia  e  la  Bulgaria, l’Agenzia delle entrate si è espressa chiarendo in che modo tali disposizioni  si applicano alle persone che sono residenti di uno o entrambi gli Stati contraenti.

L’Agenzia sottolinea come ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2 di tale Trattato internazionale l’espressione ”residente di uno Stato contraente” fa riferimento, per quanto riguarda l’Italia, a qualsiasi  persona  fisica  che, in virtù  della  legislazione italiana, è assoggettata ad imposta nel nostro Paese a motivo del suo domicilio e della  sua residenza e, per quel che concerne la Bulgaria, a qualsiasi persona fisica che possiede la nazionalità bulgara. Pertanto, una  persona  fisica può essere considerata residente in Bulgaria solo se risulta in possesso della cittadinanza di tale Stato. Dunque il contribuente non cittadino bulgaro non può essere considerato, ai fini convenzionali,  residente in Bulgaria e conseguentemente non possono essere applicate le  disposizioni contenute nel citato Trattato internazionale.

Si conclude, pertanto, che in tal caso la pensione erogata dall’INPS a questo tipo di contribuente è assoggettata a tassazione nel nostro Paese ai sensi della vigente normativa italiana e non trovano applicazione le disposizioni contenute nella Convenzione Italia ­Bulgaria.

TRASFORMAZIONI, FUSIONI E SCISSIONI TRANSFRONTALIERE: APPROVATO IL DECRETO ATTUATIVO DELLA DIRETTIVA UE

Pubblicato in G.U. n. 56 del 7 marzo 2023 il d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19 in attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere.

Il campo di applicazione del d.lgs. comprende le operazioni transfrontaliere riguardanti:

  1. una o più società di capitali italiane e una o più società di capitali di altro Stato membro che hanno la sede sociale o l’amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell’Unione europea;
  2. società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non hanno nel territorio dell’UE la sede sociale né l’amministrazione centrale né il centro di  attività  principale, se l’applicazione della disciplina di recepimento delle direttive (UE) 2017/1132 e (UE) 2019/2121 a tali operazioni è parimenti prevista  dalla legge applicabile a ciascuna delle società  di altro Stato membro partecipanti o risultanti dall’operazione;
  3. operazioni che non rientrano nei casi di cui alle lettere a)  e  b)  e  alle  operazioni  internazionali, nel rispetto dell’articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218;
  4. enti non societari, in quanto compatibile, nel rispetto dell’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995;
    società nei cui confronti sono aperte procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, fatta salva l’applicazione delle specifiche disposizioni dettate in materia di crisi d’impresa.

L’autorità competente chiamata a vigilare ai fini del rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29 e ad effettuare i controlli previsti dagli articoli 13, 33 e 47 è il notaio quale pubblico ufficiale.

Sulla trasformazione è previsto il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso all’approvazione del progetto stesso e la relativa decisione di trasformazione deve risultare da atto pubblico.

Alla società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera si applica il titolo V, capo X, sezione II, del libro V del  codice civile. Dal progetto di fusione dovranno risultare le info ex art. 2501 ter c.c. e quelle elencate all’articolo 19. Spetta all’organo  amministrativo di  ciascuna delle società che vi partecipano redigere una relazione sugli aspetti giuridici ed economici della fusione e le  implicazioni per i  lavoratori e per l’attività futura della società, con la possibilità di redigere una relazione unica o due separate per soci e lavoratori. La relazione di cui all’articolo 2501-sexies del codice civile è redatta da uno o più esperti  scelti fra i soggetti di cui all’articolo 2409-bis, primo comma, del codice civile. Se la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera è ammessa alla negoziazione in mercati regolamentati, l’esperto è scelto fra le società di revisione sottoposte alla vigilanza  della Commissione nazionale per le società e la borsa. La fusione deve risultare da atto pubblico e qualora la società risultante dalla fusione transfrontaliera fosse  una società italiana spetta al notaio redigere l’atto pubblico di fusione di cui all’articolo 2504 del  codice  civile  ed  espletare  il  controllo  di legalità di cui all’articolo 33. Altrimenti qualora la società risultante fosse di altro Stato l’atto pubblico di fusione dev’essere redatto dall’autorità competente dello Stato la  cui  legge  è  applicabile alla società risultante dalla fusione ed è depositato presso  il notaio ai fini di cui all’articolo 34, comma 2. 

Mitigazione e trasparenza costi delle transazioni elettroniche: istituito Tavolo tecnico

 

Con il DECRETO 03 MARZO 2023 il MEF istituisce un tavolo permanente sulle transazioni elettroniche diretto ad assicurare il necessario coordinamento e confronto tra i componenti del tavolo, per la mitigazione e la trasparenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti.

Come previsto dall’art. 1, comma 386 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197, il MEF adotta un decreto volto a istituire un tavolo permanente fra le categorie interessate preordinato a valutare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni che presentino ricavi e compensi relativi all’anno di imposta precedente di ammontare non superiore a 400.000 euro.

Sempre nella legge 29 dicembre 2022, n. 197, all’art. 1, comma 387 è stabilito che ove il tavolo istituito ai sensi del comma 386 non giunga alla definizione di un livello dei costi equo e trasparente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero in caso di mancata applicazione delle condizioni e delle commissioni fissate ai sensi dell’accordo definito, è dovuto da parte dei prestatori di servizi di pagamento e dei gestori di circuiti e di schemi di pagamento, per l’anno 2023, un contributo straordinario quantificato dalla citata norma

Il tavolo è presieduto dal Direttore generale del dipartimento del tesoro del ministero e ne fanno parte: MEF, Banca d’Italia, Agenzia delle entrate, Associazione bancaria italiana, Associazione italiana prestatori servizi di pagamento, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, MIMIT e Agenzia per l’Italia digitale.

Il MEF invita a partecipare anche i prestatori di servizi di pagamento, i gestori di circuiti e schemi di pagamento, nonché le relative associazioni di categoria. Ai lavori del tavolo possono essere invitati anche ulteriori associazioni rappresentative degli esercenti, valutata anche la rappresentanza degli interessi coinvolti, nonché, in qualità di uditori, i rappresentanti di altre amministrazioni o autorità.

Le riunioni del tavolo si svolgono ordinariamente in modalità telematica, fatte salve specifiche esigenze che richiedono la convocazione in presenza. I componenti, nell’ambito del tavolo permanente, possono pervenire alla conclusione di un accordo, la cui comunicazione avviene tramite sito istituzionale del MEF.

 

Requisiti e condizioni per la costituzione dei distretti biologici

 

Pubblicato in G.U. n. 47 del 24 febbraio 2023 il Decreto 28 dicembre 2022 sui requisiti e condizioni per la costituzione e il riconoscimento dei distretti biologici e dei biodistretti al fine di tutelare, sviluppare ed incrementare la competitivita’ della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico.

 

Secondo quanto stabilito dal decreto del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, le aziende, singole o associate, le organizzazioni di produttori, i soggetti, pubblici e privati, gli enti locali che intendono promuovere la costituzione di un distretto biologico nonchè enti di ricerca che svolgono attività di ricerca in materia, costituiscono un comitato promotore, rappresentativo del tessuto socio-economico territoriale regionale o interregionale.

 

Obbligatoria la partecipazione al distretto biologico delle seguenti categorie di soggetti, se presenti sul territorio:

  • imprenditori agricoli biologici, singoli o associati, iscritti nell’elenco pubblico degli operatori dell’agricoltura e dell’acquacoltura biologiche che operano sul territorio del distretto, anche organizzati in reti di imprese;
  • associazioni di produttori biologici;
  • soggetti singoli o associati, comprese le società cooperative e consorzi, che intervengono nella filiera biologica.

Al distretto biologico possono partecipare enti locali e altri enti pubblici che adottino politiche di tutela delle produzioni biologiche, di difesa dell’ambiente, di conservazione del suolo agricolo e di difesa della biodiversità; enti di ricerca pubblici e privati che svolgono attività scientifica in materia di produzione biologica; enti e associazioni che svolgono attività di tutela e valorizzazione dell’ambiente e del territorio; imprenditori agricoli, singoli o associati, che non adottano il metodo biologico, con particolare riguardo ai soggetti produttivi disciplinati dalla Legge n. 30/2022 sulle piccole produzioni agroalimentari di origine locale e quelli disciplinati dalla Legge n. 61/2022 per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e provenienti da filiera corta; enti e associazioni pubblici e privati, consorzi, fondazioni, aziende speciali, società a partecipazione pubblica, enti economici regionali che svolgono attività nell’ambito della formazione, della promozione del territorio e dei prodotti agricoli, della ricerca e dell’innovazione finalizzate allo sviluppo del sistema produttivo primario; associazioni locali di consumatori; organizzazioni di produttori; organizzazioni professionali agricole, organizzazioni sindacali e associazioni di rappresentanza della cooperazione del territorio di riferimento; altri soggetti privati volti a consolidare l’aggregazione e il confronto dei diversi interessi locali per la valorizzazione delle risorse e lo sviluppo economico del territorio, in sintonia con ambiente e tradizione storica.

La richiesta di riconoscimento del distretto biologico è presentata dal comitato promotore alla competente regione di appartenenza nella quale insiste la totalità del territorio del distretto stesso per il tramite del soggetto gestore. Entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria di riconoscimento, il distretto assume la forma giuridica indicata nel piano di distretto e trasmette alla regione competente gli atti relativi alla costituzione della società di distretto e lo statuto approvato e sottoscritto dagli aderenti alla società. Decorsi inutilmente i termini per la trasmissione degli atti sopraindicati, l’amministrazione archivia la domanda.

 

Tra i requisiti necessari al riconoscimento, la cui assenza ne può comportare la revoca, vi sono l’individuazione dell’area territoriale coinvolta nel distretto, l’elenco dei soggetti partecipanti, la specificazione della forma giuridica assunta, l’indicazione del programma di attività che si intende realizzare e gli obiettivi, le motivazioni e i risultati attesi. Il tempo massimo stabilito per adeguarsi a tali requisiti è fissato al 31 dicembre 2027.