Irap 2023: approvate specifiche tecniche per trasmissione dei dati

L’Agenzia delle entrate ha approvato le specifiche tecniche per la trasmissione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano dei dati relativi alla dichiarazione IRAP 2023 (Agenzia delle entrate, provvedimento 28 aprile 2023, n. 141337).

Riguardo alla trasmissione dei dati relativi all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), l’Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 28 aprile 2023, n. 141337, ha reso nota l’approvazione delle specifiche tecniche da seguire per adempiere al proprio compito di trasmette le dichiarazioni IRAP alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in cui ha sede il domicilio fiscale del soggetto passivo, ovvero dove viene ripartito il valore della produzione netta.

Tale trasmissione di dati avviene attraverso il sistema di collegamento tra anagrafe tributaria ed enti locali, denominato attualmente “Siatel v2.0 PuntoFisco“.

 

Già con il provvedimento del 28 febbraio 2023, l’Agenzia delle entrate, aveva provveduto ad approvare il modello di dichiarazione “IRAP 2023”, con relative istruzioni, da utilizzare per la dichiarazione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per l’anno 2022. Inoltre, con lo stesso provvedimento erano state approvate anche le specifiche tecniche da utilizzare per la trasmissione telematica dei dati contenuti nel predetto modello.

 

Il suddetto provvedimento faceva rinvio ad un successivo atto dell’Agenzia delle entrate per la definizione delle specifiche tecniche per la trasmissione alle regioni e alle province autonome dei dati relativi alla dichiarazione Irap 2023. Pertanto, in attuazione di tale previsione, l’Agenzia con il nuovo provvedimento ha esposto le specifiche tecniche, contenute nell’allegato A in formato XML, da utilizzare per la trasmissione alle regioni e alle province autonome in cui ha sede il domicilio fiscale del soggetto passivo, ovvero dove viene ripartito il valore della produzione netta, delle dichiarazioni IRAP.

 

Come chiarito dall’Agenzia, tale trasmissione è effettuata con cadenza mensile a partire dal trentesimo giorno successivo alla data di scadenza della presentazione della dichiarazione IRAP.

 

 

 

Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardo ai presupposti per accedere alla Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (Agenzia delle entrate, risposta 27 aprile 2023, n. 307).

L’Agenzia delle entrate ha ricordato la disciplina della definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni contenuta nella Legge di bilancio 2023, facendo riferimento, nello specifico, al comma 153, nel quale è disposto che le somme dovute dal contribuente a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, richieste con le comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, per le quali il termine di pagamento di cui all’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462/1997, non fosse ancora scaduto alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, ovvero per le quali le comunicazioni sono recapitate successivamente a tale data, possono essere definite con il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, degli interessi e delle somme aggiuntive. Inoltre, le sanzioni sono dovute nella misura del 3% senza alcuna riduzione sulle imposte non versate o versate in ritardo.

Al comma 155, la Legge di bilancio 2023 dispone che le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, il cui pagamento rateale ai sensi dell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 462/1997 fosse ancora in corso alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio, possono essere definite con il pagamento del debito residuo a titolo di imposte e contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive. Anche in questo caso sono dovute le sanzioni nella misura del 3% senza alcuna riduzione sulle imposte residue non versate o versate in ritardo.

La definizione disposta dal comma 153 risulta, pertanto, circoscritta alle sole somme richieste a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, mentre il comma 155 prevede la definizione agevolata delle somme dovute a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni riferite a qualsiasi periodo d’imposta, per le quali, alla data del 1° gennaio 2023 sia regolarmente in corso un pagamento rateale.

 

L’Agenzia, facendo riferimento anche alla circolare 13 gennaio 2023, n. 1/E, ha chiarito che per rateazioni in corso al 1° gennaio 2023 si intendono le rateazioni regolarmente intraprese in anni precedenti, per le quali, alla medesima data, non si è verificata alcuna causa di decadenza.

L’agevolazione, dunque, consiste nella rideterminazione delle sanzioni in misura pari al 3% dell’imposta, non versata o versata in ritardo, che residua dopo aver considerato i versamenti rateali eseguiti fino al 31 dicembre 2022. Pertanto, la definizione agevolata si realizza con il pagamento degli importi residui a titolo di imposte, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive, nonché con il pagamento delle sanzioni calcolate nella misura del % delle residue imposte non versate o versate in ritardo.

 

Nel caso sottoposto al vaglio dell’Agenzia, risulta che l’istante abbia presentato, con riferimento all’anno d’imposta 2017, una prima dichiarazione modello 770 il 30 ottobre 2018 e, successivamente, una dichiarazione integrativa il 23 novembre 2020. A seguito di controllo automatizzato delle suddette dichiarazioni, le anomalie emerse sono state comunicate all’istante, successivamente invitato a segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo automatizzato. Avvenuta la comunicazione definitiva degli esiti, contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, l’istante ha, quindi, provveduto al pagamento della prima rata, adottando un piano di rateazione di 20 rate.

 

Ciò premesso, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che non risultano sussistere nel caso di specie i presupposti per l’applicazione della definizione agevolata di cui al citato comma 153, in quanto la comunicazione di irregolarità ricevuta non è riferita ai periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021. Inoltre, non si può far riferimento nemmeno alla definizione ex comma 155, in quanto alla data del 1° gennaio 2023 l’istante non aveva in corso alcun pagamento rateale delle somme dovute con riferimento alla comunicazione di irregolarità della dichiarazione modello 770/2018, relativa al periodo d’imposta 2017.

 

 

Definizione agevolata delle controversie tributarie e nozione di parte in senso formale

Per identificare le liti definibili deve farsi riferimento alla nozione di parte in senso formale, in particolare al 1° gennaio 2023, è necessario che, l’Agenzia delle entrate abbia lo status di parte processuale in quanto destinataria del ricorso o intervenuta nel relativo giudizio (Agenzia delle entrate, risposta 24 aprile 2023, n. 306).

 

L’Agenzia delle entrate, con la risposta in commento, ha fornito delucidazioni riguardo alla definizione agevolata delle controversie tributarie, di cui ai commi da 186 a 205 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2023, nell’ambito della Tregua fiscale. In particolare, secondo quanto già chiarito dalla circolare del 27 gennaio 2023, n. 2/E, la definizione agevolata delle controversie tributarie consente di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti ­alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 ­in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da definire. Con la suddetta circolare, l’Agenzia ha inoltre specificato che:
– possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi;
– per identificare le liti in cui è parte l’Agenzia delle entrate, si fa riferimento alle  sole ipotesi in cui quest’ultima sia stata evocata in giudizio o, comunque, sia  intervenuta. Da ciò consegue che non sono definibili le liti nelle quali l’Agenzia delle entrate, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio né sia intervenuta volontariamente.

Pertanto, al fine di identificare le liti definibili occorre fare riferimento alla nozione di parte in senso formale, risultando necessario che al 1° gennaio 2023, data di entrata in vigore della Legge n. 197/2022, l’Agenzia delle entrate abbia lo status di parte processuale in quanto destinataria del ricorso o intervenuta nel relativo giudizio, volontariamente o perché chiamata in causa. Nel caso sottoposto all’Agenzia delle entrate le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 186 a 205, della Legge di bilancio 2023 non possono trovare applicazione in quanto il ricorso introduttivo della lite che l’istante ha inteso definire è stato notificato al solo agente della riscossione e, al 1° gennaio 2023, l’Agenzia non risultava ancora parte del giudizio, intervenendovi solo successivamente ai sensi dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 546/1992. 

Rottamazione-quater: domande di adesione fino al 30 giugno 2023

Differito al 30 giugno 2023 il termine per presentare le domande per la rottamazione quater (Agenzia delle entrate-riscossione, comunicato 21 aprile 2023).

Con il comunicato del 21 aprile 2023, n. 68, il MEF ha reso noto lo slittamento di due mesi del termine per la presentazione delle dichiarazioni di adesione alla speciale procedura “rottamazione-quater” delle cartelle, prevista dalla Legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 231 a 252). Il nuovo termine per la presentazione delle domande all’Agenzia delle entrate-riscossione è quindi differito dal 30 aprile al 30 giugno 2023.

Ne è conseguita la proroga al 30 settembre 2023 del termine entro il quale l’Agenzia deve trasmettere ai contribuenti la comunicazione delle somme dovute per il perfezionamento della definizione agevolata, attualmente fissato al 30 giugno 2023. Inoltre, con una prossima disposizione, verrà annunciata anche lo slittamento della scadenza per il pagamento della prima o unica rata, dall’originario 31 luglio 2023 al 31 ottobre 2023.

L’articolo 1, commi da 231 a 252, della Legge n. 197/2022 – si ricorda – ha introdotto la definizione agevolata (“rottamazione-quater”) dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Tale misura ha previsto la possibilità per il contribuente di estinguere i debiti relativi ai carichi rientranti nell’ambito applicativo, versando unicamente le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso spese per le procedure esecutive e per i diritti di notifica, escludendone le somme dovute a titolo di interessi iscritti a ruolo, sanzioni, interessi di mora e aggio. Per quanto riguarda i debiti relativi ai carichi riguardanti le sanzioni per violazioni del codice della strada, nonché le altre sanzioni amministrative, l’accesso alla misura agevolativa ha previsto, invece, che  non siano da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi, compresi quelli di cui all’articolo 27, sesto comma, della Legge n. 689/1981 (cosiddette “maggiorazioni”), quelli di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 e di rateizzazione, nonché le somme dovute a titolo di aggio.

Il vecchio piano dei pagamenti prevedeva la possibilità di pagare l’importo dovuto a titolo di definizione agevolata: in un’unica soluzione, entro il 31 luglio 2023; in un numero massimo di 18 rate (5 anni) consecutive, di cui le prime due con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre 2023. Le restanti 16 rate, ripartite nei successivi 4 anni, da saldare il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024. La prima e la seconda rata di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di definizione agevolata e le restanti rate di pari importo. Nel caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, ne consegue l’inefficacia della definizione agevolata e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

Oltre alle nuove scadenze, il MEF ha anche preannunciato l’arrivo di una prossima disposizione riguardo al pagamento della prima o unica rata che slitterà al 31 ottobre 2023.

 

Incentivi per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sul rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero che percepiscano assegni di ricerca esenti da Irpef (Agenzia delle entrate, Principio di diritto 21 aprile 2023, n. 8).

L’articolo 44, D.L. n. 78/2010 ha stabilito che ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, tale agevolazione è fruibile dai contribuenti per sei anni a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i cinque periodi di imposta successivi.

L’ agevolazione in questione, ha spiegato l’Agenzia, ha avuto origine dall’esigenza di porre rimedio al fenomeno della “fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese. A tal fine, la disposizione non è rivolta soltanto ai cittadini italiani emigrati che intendono far ritorno nel paese di origine, ma a tutti i ricercatori e docenti residenti all’estero, sia italiani, sia stranieri, i quali, per le loro particolari competenze e conoscenze scientifiche, possono favorire lo sviluppo della ricerca e della docenza in Italia.

 

Per quanto riguarda i requisiti per ottenere l’agevolazione, l’Agenzia facendo riferimento alla circolare del 23 maggio 2017 n. 17/E, ha precisato che sono ammessi tutti i titoli accademici universitari o equiparati. Inoltre, poiché i titoli di studio conseguiti all’estero non sono automaticamente riconosciuti in Italia, compete al soggetto interessato la richiesta della dichiarazione di valore alla competente autorità consolare.

In merito ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 44 del D.L. n. 78/2010 il rientro o l’ingresso in Italia con assunzione della residenza fiscale, può avvenire in relazione all’avvio dell’attività presso università e/o enti di ricerca anche nell’ambito di un assegno di ricerca, di cui all’articolo 2 della Legge n. 240/2010.

Per gli assegni di ricerca, di durata compresa tra uno e tre anni, l’articolo 22 della Legge n. 240/2010, nel testo vigente fino al 29 giugno 2022, prevedeva che fossero esenti dall’IRPEF. Il successivo articolo 24, comma 3, lett. b) della Legge n. 240 del 2010 stabiliva, poi, che le università potevano stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, riservati, tra l’altro, a candidati con abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia, ovvero in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, avessero usufruito di assegni di ricerca o di borse post dottorato, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

Con questo richiamo normativo l’Agenzia ha spiegato che l’efficacia delle predette disposizioni è stata prorogata dall’articolo 6 del D.L. n. 198/2022, consentendo, in particolare, alle università e agli enti pubblici di ricerca, di indire procedure per il conferimento degli assegni di ricerca fino al 31 dicembre 2023, entro i limiti delle risorse già programmate e deliberate dagli organi preposti.

Pertanto lo svolgimento dell’attività di ricerca per effetto della corresponsione dell’assegno di cui al citato articolo 22 della Legge n. 240/2010 può anche risultare propedeutico alla successiva stipula di contratti di lavoro (retribuiti con redditi tassabili e pertanto agevolabili) con ricercatori e docenti provenienti dall’estero che, altrimenti, avrebbero dovuto essere già in possesso di un titolo di dottorato estero dichiarato equivalente o equipollente al titolo italiano o avrebbero dovuto aver acquisito più anni di rilevante esperienza lavorativa successivamente al conseguimento del titolo.

 

Il contesto premesso definisce, pertanto, particolari situazioni e modalità di assunzione da parte degli enti di ricerca e delle università, di docenti e ricercatori provenienti dall’estero che entrano o rientrano in Italia per svolgere attività di ricerca o di docenza, nell’ambito delle quali, in particolare, la percezione degli assegni di ricerca in questione (esenti da IRPEF), in occasione dell’ingresso o del rientro in Italia prima della successiva assunzione può rappresentare uno dei requisiti per la stipula di contratti di ricerca e docenza rientranti nell’ambito del citato articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010. 

In conclusione, l’Agenzia ha ritenuto che, in linea con la ratio agevolativa del regime di cui all’articolo 44 del D.L. n. 78/2010, non è ostativa ai fini dell’accesso allo stesso, la circostanza che i suddetti assegni siano esenti da IRPEF. In tal caso, la durata del periodo di godimento delle agevolazioni verrà computata a partire dal periodo d’imposta di ingresso o rientro in cui il contribuente interessato acquisirà la residenza fiscale in Italia che, nel caso specifico, deve essere in connessione con l’avvio dell’assegno di ricerca di cui all’articolo 22 della Legge n. 240/2010.