Contenzioso tributario e adempimento collaborativo: decreti legislativi d’attuazione della riforma fiscale

Il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare, nella seduta del 16 novembre 2023, due Decreti legislativi di attuazione della riforma fiscale, concernenti il contenzioso tributario e l’adempimento collaborativo (Consiglio dei ministri, comunicato 16 novembre 2023, n. 59).

Il primo dei due nuovi decreti legislativi, approvati in esame preliminare, ai sensi dell’articolo 19 della Legge n. 111/2023, dà attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario e, in particolare, attua:

  • il coordinamento tra gli istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio;

  • l’ampliamento e il potenziamento dell’informatizzazione della giustizia tributaria tramite la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo tributario, l’obbligo dell’utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali, la disciplina delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche, la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza;

  • il rafforzamento del divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo;

  • la previsione della pubblicazione e della successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali entro termini ristretti;

  • l’accelerazione dello svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo;

  • le previsioni sull’impugnabilità dell’ordinanza che accoglie o respinge l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

Il secondo decreto legislativo, invece, introduce misure volte a potenziare il regime dell’adempimento collaborativo attraverso:

 

– l’accelerazione del processo di progressiva riduzione della soglia di accesso all’applicazione dell’istituto;

– l’apertura del regime anche a società, di per sé prive dei requisiti di ammissibilità, ma appartenenti ad un gruppo di imprese, nel caso in cui almeno un soggetto del gruppo possegga i requisiti di ammissibilità e il gruppo abbia adottato un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo;

– la certificazione, da parte di professionisti qualificati, dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale in ordine alla loro conformità ai principi contabili;

– la gestione, nell’ambito del regime dell’adempimento collaborativo, anche di questioni riferibili a periodi d’imposta antecedenti all’ammissione al regime;

nuove forme di contraddittorio in favore dei contribuenti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo;

– procedure semplificate di regolarizzazione della posizione del contribuente che aderisca a indicazioni dell’Agenzia delle entrate che richiedano di effettuare ravvedimenti operosi;

– l’emanazione di un codice di condotta che disciplini i diritti e gli obblighi dell’amministrazione finanziaria e dei contribuenti;

– la previsione di un periodo transitorio di osservazione che preceda l’esclusione del contribuente dal regime dell’adempimento collaborativo, in caso di violazioni fiscali non gravi;

– il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione al regime dell’adempimento collaborativo prevedendo, al ricorrere di specifici presupposti: esclusione o riduzione delle sanzioni amministrative tributarie; esclusione della punibilità del delitto di dichiarazione infedele; riduzione dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.

 

Il testo interviene, infine, in materia sanzionatoria prevedendo che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale da parte di imprese che non posseggano i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo comporti, al ricorrere di specifiche condizioni, la riduzione delle sanzioni amministrative in materia tributaria e, eventualmente, la non punibilità del reato di dichiarazione infedele.

Legge delega in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese

Sulla Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2023, n. 267, è stata pubblicata la Legge 27 ottobre 2023, n. 160, con la quale il Governo viene delegato in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche.

La Legge n. 160/2023 definisce le disposizioni per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese al fine di rimuovere gli ostacoli al pieno dispiegamento di efficacia dell’intervento pubblico a sostegno del tessuto produttivo mediante le politiche d’incentivazione, garantendone una migliore pianificazione, organizzazione e attuazione nonché rafforzandone le capacità di sostegno alla crescita negli ambiti strategici delle politiche industriali nazionali ed europee e di perseguimento degli obiettivi di piena coesione sociale, economica e territoriale.

Pertanto, il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della suddetta delega, uno o più decreti legislativi per la definizione di un sistema organico per l’attivazione del sostegno pubblico mediante incentivi alle imprese. Poi, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.

 

Nell’esercizio della delega il Governo provvede a:

  • razionalizzare l’offerta di incentivi, individuando un insieme definito, limitato e ordinato di modelli di agevolazioni, ad esclusione delle misure di incentivazione in favore dei settori agricolo e forestale nonché della pesca e dell’acquacoltura e ferma restando l’autonomia delle regioni nell’individuazione di ulteriori modelli per l’attuazione di specifici interventi mirati nel rispetto delle diverse realtà territoriali;

  • armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi alle imprese, coordinandola in un testo normativo principale, denominato “Codice degli incentivi”.

Nell’esercizio della delega il Governo deve attenersi, oltre che ai principi e criteri direttivi generali, anche ai seguenti principi e criteri direttivi specifici, nel rispetto dell’autonomia programmatica delle regioni:

  1. ricognizione e sistematizzazione delle misure di incentivazione esistenti, sulla base di criteri che tengano conto degli ambiti o delle finalità delle stesse, quali il sostegno agli investimenti, alla ricerca, allo sviluppo, al lavoro, all’occupazione, alla riqualificazione professionale dei lavoratori, alla formazione e all’innovazione e alla sostenibilità ambientale, nonché la facilitazione nell’accesso al credito da parte delle imprese, il rafforzamento patrimoniale delle stesse e la crescita dimensionale, anche favorendo l’aggregazione, o altri ambiti e finalità del sostegno;

  2. concentrazione dell’offerta di incentivi, diretta ad evitare la sovrapposizione tra gli interventi e la frammentazione del sostegno pubblico;

  3. programmazione degli interventi di incentivazione da parte di ciascuna amministrazione competente per un congruo periodo temporale, adeguato alle finalità di sostegno secondo le valutazioni effettuate ex ante, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo e pluriennale, fatte salve le specifiche esigenze degli interventi di carattere emergenziale.

I Decreti legislativi, nel disciplinare la programmazione, devono favorire la compartecipazione finanziaria delle regioni, nonché il coordinamento e l’integrazione con gli interventi regionali, individuandone le condizioni e le soluzioni di raccordo.

 

ln particolare, il Codice degli incentivi dovrà ricomprendere:

– i contenuti minimi dei bandi, delle direttive o dei provvedimenti comunque denominati per l’attivazione delle misure di incentivazione alle imprese, inclusi i motivi generali di esclusione delle imprese, l’individuazione della base giuridica di riferimento, i profili procedurali per l’accesso e il mantenimento delle agevolazioni e l’individuazione degli oneri a carico delle imprese beneficiarie nonché la disciplina del cumulo delle agevolazioni nel rispetto dei massimali fissati dalla normativa europea;

– la revisione e l’aggiornamento dei procedimenti amministrativi concernenti la concessione e l’erogazione di incentivi alle imprese;

– il rafforzamento delle attività di valutazione ex ante, in itinere ed ex post sull’efficacia degli interventi di incentivazione definendo le pertinenti disposizioni applicabili agli interventi di maggiore rilevanza;

– l’implementazione di soluzioni tecnologiche, anche basate sull’intelligenza artificiale, dirette a facilitare la piena conoscenza dell’offerta di incentivi, nonché a fornire supporto alla pianificazione degli interventi, alle attività di valutazione e al controllo e al monitoraggio sullo stato di attuazione delle misure e sugli aiuti concessi;

– la previsione di premialità, nell’ambito delle valutazioni di ammissione agli interventi di incentivazione, per le imprese che persone con disabilità;

– la previsione di premialità, nell’ambito delle valutazioni di ammissione agli incentivi, per le imprese che valorizzino la quantità e la qualità del lavoro giovanile e del lavoro femminile, nonché il sostegno alla natalità.

Trattamento fiscale contributo di malattia e bonus straordinario Covid-19 erogati dall’Ente Bilaterale

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che i contributi corrisposti dall’Ente bilaterale una tantum e in misura fissa ai lavoratori dipendenti che ne facciano richiesta, sono erogati per finalità assistenziali e, pertanto, non risultano inquadrabili in alcuna delle categorie di cui all’art. 6 del TUIR, non trovando applicazione di conseguenza la ritenuta a titolo di acconto ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. n. 600/1973 (Agenzia delle entrate, risposta 15 novembre 2023, n. 462).

L’articolo 2, comma 1, lettera h), del D.Lgs. n. 276/2003 definisce gli ”Enti bilaterali” quali organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso:

  • la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda;

  • la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati;

  • la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito;

  • lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e la sicurezza sul lavoro;

  • ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.

Per quanto concerne il trattamento fiscale delle prestazioni assistenziali erogate da un ente bilaterale, l’Agenzia delle entrate ha già avuto modo di chiarire che esso deriva dall’applicazione dei principi generali che disciplinano la tassazione dei redditi, ovvero le predette prestazioni risulteranno assoggettate a tassazione sempreché inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall’articolo 6 del TUIR, comprese quelle che costituiscono erogazioni corrisposte in sostituzione di redditi.

 

Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del TUIR i singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie:

a) redditi fondiari;

b) redditi di capitale;

c) redditi di lavoro dipendente;

d) redditi di lavoro autonomo;

e) redditi d’impresa;

f)  redditi diversi.

 

In particolare, le somme erogate ai lavoratori a titolo di premio per la nascita del figlio, di contributo malattia o infortunio, di iscrizione all’asilo nido/scuola materna, nonché di permesso per Legge n. 104/1992, non essendo inquadrabili in alcune delle categorie reddituali di cui al citato articolo 6 del TUIR, non rilevano ai fini fiscali.

Al contrario le somme erogate a titolo di iscrizione alla scuola secondaria di primo grado, sono da ricomprendere tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

In relazione, invece, all’erogazione una tantum, da parte di un ente di previdenza e assistenza ai propri iscritti, di un’indennità corrisposta in presenza di uno stato di bisogno derivante dal contagio da Covid-19, sulla base della attestazione rilasciata dall’Autorità medica competente, indipendentemente dalla retribuzione dell’iscritto e senza funzione sostitutiva di alcuna categoria di reddito, l’Agenzia ha chiarito che la stessa non rileva sotto il profilo fiscale, non essendo riconducibile ad alcuna categoria di reddito.

Infine, relativamente ai contributi assistenziali concessi da enti privati di previdenza e assistenza ai professionisti in attività o in pensione, propri assicurati, qualora erogati per calamità naturali che hanno procurato danni ad immobili adibiti a prima abitazione o studio professionale, le Entrate hanno ribadito che essi sono soggetti a tassazione solo se classificabili nelle categorie di reddito previste dall’articolo 6 del TUIR. 

 

Nel caso in esame, l’Ente Bilaterale istante eroga:

  • un contributo per malattia di lunga durata;

  • un bonus straordinario Covid-19.

Tali contributi, corrisposti una tantum e in misura fissa, agli iscritti che ne facciamo richiesta sono erogati per finalità assistenziali e, pertanto, non risultano inquadrabili in alcuna delle categorie reddituali di cui al citato articolo 6 del TUIR. Conseguentemente, non trova applicazione la ritenuta a titolo di acconto.

Non ammessa compensazione del credito d’imposta per imprese turistiche con debito IVA non sussistente

L’Agenzia delle entrate ha negato la possibilità di utilizzo in compensazione del credito di imposta in favore dei soggetti che operano nel settore turistico/ricettivo con un debito IVA non sussistente (Agenzia delle entrate, risposta 13 novembre 2023, n. 460).

L’articolo 1, ai commi 1 e 2, del D.L. n. 152/2021, prevede il riconoscimento di un credito d’imposta e/o di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti che operano nel settore turistico-ricettivo commisurato alle spese sostenute per l’esecuzione degli interventi di efficientamento energetico, eliminazione delle barriere architettoniche, piscine termali e digitalizzazione. 

In particolare il comma 8 stabilisce che tale credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dall’anno successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati.

 

Il credito d’imposta è cedibile, solo per intero, senza facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di:

  • banche;

  • intermediari finanziari  iscritti all’apposito albo;

  • società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’apposito albo;

  • assicurazioni autorizzate a operare in Italia.

L’avviso pubblico del Ministero del turismo, pubblicato il 23 dicembre 2021, ha stabilito l’utilizzo in compensazione del credito di imposta entro e non oltre il 31 dicembre 2025. Pertanto, nell’ipotesi di non avvenuta compensazione o cessione del credito entro tale termine, la facoltà di beneficiare dell’agevolazione in parola viene meno, restando preclusa ogni possibilità di rimborso.

 

Nel caso di specie, dunque, l’Agenzia delle entrate non condivide la soluzione prospettata dall’istante, con cui si propone di compensare tramite modello F24 il credito agevolativo con un debito IVA artatamente indicato nel modello di pagamento, in quanto non corrispondente al debito d’imposta determinato in conformità a quanto stabilito dall’articolo 1 del D.P.R. n. 100/1998.

Tale espediente, infatti, avrebbe il solo fine di maturare in sede di dichiarazione annuale una eccedenza a credito IVA da chiedere a rimborso, eludendo, con l’invenzione’ di un debito IVA non sussistente, i limiti di utilizzo del credito d’imposta, mutandone arbitrariamente la natura da agevolazione ad eccedenza IVA.

 

Obblighi di monitoraggio fiscale a carico delle imprese di assicurazione

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in ordine agli obblighi di monitoraggio fiscale cui sono tenute le imprese di assicurazione estere dei rispettivi gruppi operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita stipulati con contraenti italiani (Agenzia delle entrate, risoluzione 13 novembre 2023, n. 62).

L’articolo 1 del D.L. n. 167/1990 stabilisce che gli intermediari bancari e finanziari, gli altri operatori finanziari e gli operatori non finanziari che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale ovvero in criptoattività, di importo pari o superiore a 5.000 euro, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate.

 

Con riferimento ai soggetti rientranti nell’ambito di applicazione del monitoraggio fiscale, il D.Lgs. n. 90/2017 ha previsto che vi sono gli intermediari bancari e finanziari, tra i quali rientrano anche le imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana.

Per quanto concerne l’ambito soggettivo, dunque, a decorrere dal 4 luglio 2017, in base alla Legge per il settore delle assicurazioni, sono tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale:

  • le imprese di assicurazione e gli intermediari assicurativi che operano nei rami di cui all’articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private;

  • le succursali insediate di imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro o in uno Stato terzo;

  • le imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana.

L’Agenzia chiarisce che la categoria delle ”imprese stabilite senza succursale” non comprende tutte le imprese aventi la sede legale in un altro Stato membro dell’UE o in un Paese aderente allo Spazio Economico Europeo, che hanno comunicato all’IVASS di voler svolgere l’attività assicurativa nei rami Vita in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica.

Infatti, non rientrano in tale categoria le imprese che vendono i propri prodotti Vita in LPS ad un cliente che sottoscrive direttamente un contratto assicurativo presso la sede centrale dell’impresa in un altro Stato membro, oppure nel caso in cui tali prodotti vengano distribuiti fuori dal territorio italiano da intermediari assicurativi autorizzati ad operare in Paesi terzi.

 

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, le comunicazioni riguardano i dati acquisiti in occasione dell’adeguata verifica dell’identità della clientela in relazione ai trasferimenti da e verso l’estero di mezzi di pagamento, ossia il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni a essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, le polizze assicurative trasferibili, le polizze di pegno e ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie.

In particolare, l’obbligo di comunicazione non si riferisce esclusivamente alle polizze assicurative trasferibili e alle polizze di pegno, bensì ad ogni movimentazione finalizzata a disporre il trasferimento di fondi mediante il versamento del premio e/o del riscatto, totale e/o parziale, delle somme in polizza.

La trasmissione dei dati all’Agenzia delle entrate avviene telematicamente, con cadenza annuale, tramite l’infrastruttura SID (Sistema di Interscambio Dati) secondo le modalità stabilite con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 16 luglio 2015.

 

Gli obblighi di monitoraggio fiscale non sussistono quando:

– i trasferimenti da e verso l’estero sono relativi ad operazioni effettuate nell’ambito dei contratti e dei rapporti di cui agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 461/1997, per i quali il contribuente abbia esercitato le opzioni previste negli articoli stessi;

– i trasferimenti dall’estero sono relativi ad operazioni suscettibili di produrre redditi di capitale, qualora detti redditi siano stati assoggettati dall’intermediario residente a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.

 

Riguardo ai trasferimenti transfrontalieri relativi ad operazioni che danno luogo a redditi di capitale, le Entrate rilevano che ai fini dell’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale devono ricorrere le seguenti condizioni:

  • il trasferimento deve provenire dall’estero, ossia deve trattarsi di un flusso in entrata, relativo ad un’operazione da cui possono derivare redditi di capitale;

  • i redditi di capitale devono aver già scontato una tassazione;

  • la tassazione dei predetti redditi avviene dall’intermediario residente.

Laddove l’accredito dall’estero di flussi relativi a redditi di capitale di natura assicurativa avvenga su un conto detenuto presso un intermediario residente, la compagnia di assicurazione estera che opta per la tassazione sostitutiva dei predetti redditi è esonerata dalla rilevazione del trasferimento relativo alle suddette somme.

Diversamente, laddove l’accredito dei redditi avviene presso il circuito bancario e finanziario estero, ancorché i redditi di capitale siano assoggettati a tassazione direttamente dalla compagnia estera, permangono gli ordinari obblighi di rilevazione.

 

Infine, qualora il trasferimento transfrontaliero avvenga in presenza di più intermediari, l’Agenzia ritiene che il monitoraggio fiscale eseguito da uno degli intermediari coinvolti nell’operazione di trasferimento esoneri dall’adempimento l’altro intermediario, a condizione che quest’ultimo possa dare evidenza dell’avvenuta comunicazione da parte dell’intermediario che ha effettuato il monitoraggio fiscale.