Credito d’imposta per le ZES in caso di acquisto di immobile con patto di riservato dominio

Arrivano chiarimenti dall’Agenzia delle entrate sul credito di imposta per le ZES in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di un immobile con patto di riservato dominio (Agenzia delle entrate, risposta 29 gennaio 2024, n. 23).

L’articolo 4 del D.L. n. 91/2017, recante disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno, al fine di favorire la creazione di condizioni favorevoli per lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché l’insediamento di nuove imprese, ha previsto la possibilità di istituire le ZES all’interno delle quali tali imprese possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.

 

Il comma 2, dell’articolo 5 del citato D.L. prevede che in relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d’imposta di cui all’articolo 1, commi 98 e seguenti, della Legge n. 208/2015, sia commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2023 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Tale credito di imposta è esteso, inoltre, all’acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all’ampliamento di immobili strumentali agli investimenti.

 

In relazione al caso di specie, l’istante rappresenta l’intenzione di acquisire un immobile, mediante stipula di un contratto di vendita con riserva di proprietà a favore del venditore (c.d. vendita con patto di riservato dominio).

Sul punto, l’Agenzia delle entrate osserva che, in relazione al Bonus Mezzogiorno, espressamente richiamato dalla disciplina agevolativa riservata agli investimenti nelle ZES, già con la circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 è stato chiarito che l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione segue le regole generali di competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR. In particolare, le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i beni mobili, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Gli oneri relativi alle prestazioni di servizi direttamente connesse alla realizzazione dell’investimento, non compresi nel costo di acquisto del bene, rilevano ai fini della determinazione dell’investimento stesso e si considerano sostenuti alla data in cui esse sono ultimate.

 

L’Agenzia evidenzia che il medesimo articolo 109 del TUIR, al comma 2, lettera a), prevede che, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, i corrispettivi delle cessioni si considerino conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerino sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà.

 

Pertanto, posto che gli investimenti rilevanti ai fini della fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nelle ZES possono essere, in linea di principio, effettuati attraverso contratti di acquisto con riserva della proprietà, l’imputazione dell’investimento al periodo di vigenza dell’agevolazione dovrà avvenire senza tener conto della clausola di riserva della proprietà.

Concordato preventivo: rilevanza ai fini IRAP delle plusvalenza da cessione di marchio d’impresa

In risposta ad un interpello posto da una società soggetta a procedura di concordato preventivo liquidatorio, l’Agenzia delle entrate ha espresso il proprio parere in merito all’eventuale rilevanza ai fini dell’IRAP della plusvalenza realizzata a seguito della cessione di un marchio d’impresa (Agenzia delle entrate, risposta 31 gennaio 2024, n. 27).

L’articolo 160 del Regio decreto n. 267/1942 stabiliva che l’impresa in stato di insolvenza aveva la possibilità di proporre ai creditori un concordato preventivo volto alla ristrutturazione dei debiti e al soddisfacimento dei creditori stessi anche mediante la cessione dei beni d’azienda.

Tale concordato preventivo è oggi regolato dall’articolo 84 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

 

Attualmente ai fini della determinazione della base imponibile IRES, per espressa previsione legislativa, la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non comporta il realizzo di eventuali plusvalenze o minusvalenze.

L’Agenzia delle entrate osserva che, ai fini IRAP, il principio generale che sorregge il sistema dell’imposta, così come ridisegnato dalla legge finanziaria 2008, è quello della “presa diretta da bilancio” delle voci espressamente individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi, senza il riconoscimento delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito.

 

In relazione alle società di capitali, tra le quali è riconducibile l’istante, la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione, di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 c.c., con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), nonché dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.

 

Per quanto riguarda la concorrenza ai fini della determinazione del valore della produzione netta imponibile ai fini IRAP delle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di beni strumentali, la circolare n. 27/2009 ha già avuto modo di chiarire che non sarebbe coerente un sistema in cui assumono rilievo le plus/minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili patrimoniali e non anche quelle derivanti dalla cessione dei beni strumentali che ordinariamente partecipano al processo produttivo. Né si può trascurare la circostanza che le componenti reddituali che si contabilizzano in sede di realizzo dei beni strumentali sono indirettamente collegate a costi che hanno concorso alla formazione della base imponibile IRAP nei periodi d’imposta precedenti, attraverso quote di ammortamento.

Un’interpretazione di tipo sistematico porta, in definitiva, a ritenere pienamente rilevanti le plusvalenze e le minusvalenze emergenti in sede di realizzo dei beni strumentali.

 

In particolare riguardo ai marchi d’impresa, l’articolo 5, comma 3, ultimo periodo, del D. Lgs. n. 446/1997, espressamente riconosce la rilevanza ai fini del tributo regionale dei costi d’acquisto. A ciò va aggiunto che nell’ambito della disciplina IRAP non sono previste specifiche disposizioni relative alla determinazione del valore della produzione in relazione a operazioni realizzate in attuazione di un concordato preventivo.

Pertanto, l’Agenzia ritiene che in relazione ai componenti reddituali derivanti da queste operazioni trovi applicazione l’ordinaria disciplina IRAP, tranne nel caso in cui­ derivino da operazioni di cessione d’azienda.

 

Nel caso di specie, dunque, la plusvalenza realizzata a seguito della cessione del solo marchio d’impresa avvenuta nell’ambito di concordato preventivo assume rilevanza ai fini IRAP secondo le regole ordinarie, stante la sua classificazione contabile nella voce A.5) del conto economico.

Gestori di piattaforme digitali: prorogato il termine per la comunicazione dati

L’Agenzia delle entrate ha reso nota la proroga del termine per adempiere allo scambio automatico delle informazioni nel settore fiscale, relative all’anno 2023, a carico dei gestori delle piattaforme online (Agenzia delle entrate, provvedimento 30 gennaio 2024, n. 22931).

Il D.Lgs. n. 32/2023 ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio (Direttiva “DAC 7”) che ha modificato la direttiva 2011/16/UE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

In particolare, la direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio ha introdotto lo scambio automatico obbligatorio di informazioni tra Stati e tra gestori di piattaforme digitali e amministrazioni.

 

Con il provvedimento del 20 novembre 2023, n. 406671, sono state poi definite le modalità e i termini entro cui i gestori di piattaforma tenuti alla comunicazione
devono trasmettere le previste comunicazioni all’Agenzia delle entrate.

 

A seguito di segnalazione da parte di diversi gestori di piattaforma, sia residenti sia non residenti, in merito a difficoltà tecniche e interpretative che influiscono sul rispetto delle scadenze di comunicazione previste, l’Agenzia delle entrate è intervenuta sui termini all’interno del punto 7 del predetto provvedimento del 20 novembre 2023.

 

Pertanto, il termine per comunicare i dati relativi alle proprie vendite on line realizzati tramite siti ed app relative all’anno 2023, inizialmente fissato al 31 gennaio 2024, è stato prorogato al 15 febbraio 2024.

 

Oltre a tale proroga, è stata anche resa esplicita la possibilità di effettuare le comunicazioni direttamente o tramite i soggetti incaricati di cui ai commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del d D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

Accordi di ristrutturazione debiti: disposizioni sugli adempimenti in materia di transazione

L’Agenzia delle entrate ha emanato disposizioni inerenti gli adempimenti in materia di transazione, di cui all’articolo 63 Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti (Agenzia delle entrate, provvedimento 29 gennaio 2024, n. 21447).

Per le proposte di transazione fiscale aventi ad oggetto tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, formulate nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 63 del D.Lgs. n. 14/2019, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, l’adesione alla proposta è espressa con la sottoscrizione dell’atto negoziale da parte della competente Direzione provinciale o regionale, su parere conforme dell’Ufficio tutela del credito erariale e gestione delle crisi aziendali della Direzione centrale piccole e medie imprese.

 

La competenza a rendere il parere conforme riguarda le proposte di transazione fiscale che prevedono una falcidia del debito originario, comprensivo dei relativi accessori, così come indicato nella proposta presentata dal debitore, superiore al 70% e, contestualmente, all’importo di euro 30.000.000 (trenta milioni).

 

Il provvedimento n. 21447/2024, dunque, è stato emanato in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1-bis, comma 1, secondo periodo, del D.L. n. 69/2023, come modificato dall’articolo 4-quinquies, comma 5, del D.L. n. 145/2023, secondo cui nei casi in cui l’adesione alla proposta di transazione abbia ad oggetto tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e preveda una falcidia del debito originario, comprensivo dei relativi accessori, superiore alla percentuale e all’importo definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, il parere conforme di cui all’articolo 63, comma 2, terzo periodo, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è espresso, per l’Agenzia delle entrate, dalla struttura centrale individuata con il medesimo provvedimento.

 

Il successivo comma 6 del citato articolo 4-quinquies del D.L. n. 145/2023 rimette sempre al provvedimento il compito di individuare la decorrenza delle disposizioni di cui al comma 5, che comunque si applicano alle proposte di transazione espresse a partire dal 1 febbraio 2024.

 

Il provvedimento individua dunque:

  • la struttura centrale cui è devoluta la competenza ad esprimere il parere conforme di cui all’articolo 63, comma 2, terzo periodo, del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019;

  • la soglia percentuale ed in valore assoluto della falcidia del debito originario proposta, al di sopra della quale il predetto parere è espresso dalla struttura centrale individuata;

  • la decorrenza delle nuove disposizioni.

Corretto utilizzo della Sezione D nelle note di trascrizione, di iscrizione e nelle domande di annotazione

L’Agenzia delle entrate ha fornito alcune prime indicazioni specifiche e concretamente applicabili nell’ambito del sistema della pubblicità immobiliare a tutela dei diritti in materia di protezione dei dati (Agenzia delle entrate, circolare 29 gennaio 2024, n. 1).

Il vigente sistema di pubblicità immobiliare ha una funzione di conoscenza dei dati relativi ai beni immobili e di tutela dell’affidamento dei terzi, in un’ottica di garanzia per la corretta circolazione dei medesimi.

In base alle disposizioni contenute nel libro VI del Codice civile, al fine dell’esecuzione di una formalità (trascrizione, iscrizione, annotazione) nei registri immobiliari devono essere presentati al conservatore il titolo, in originale o in copia autenticata, recante l’evento giuridico da pubblicare e la relativa nota ove devono essere indicati gli elementi e le menzioni espressamente previsti dal legislatore.

 

Il titolo potrebbe contenere informazioni e dati non strettamente necessari o addirittura ultronei rispetto alle esigenze garantite dal sistema della pubblicità immobiliare, ma comunque accessibili da parte di chiunque ispezioni i registri, in questo evidenziando profili di mancata armonizzazione della disciplina in materia di pubblicità immobiliare con quella successiva relativa alla protezione dei dati personali, dettata dal Regolamento (UE) 2016/679 e dal D.Lgs. n. 196/2003. Parimenti, anche la nota può riportare elementi non necessari alla pubblicità immobiliare e liberamente conoscibili da parte di chiunque.

Con specifico riferimento alle note, l’Agenzia rammenta che, con l’automazione dei servizi di pubblicità immobiliare avviata dalla Legge 27 febbraio n. 52/1995, esse sono redatte su appositi modelli specificatamente approvati.
In coerenza con tali modelli e da utilizzarsi a pena di rifiuto, le note sono, allo stato attuale, formate da quattro sezioni:

  • la “sezione A”, riportante i dati relativi al titolo presentato per l’esecuzione della formalità (identificativi dell’atto, autorità emanante, ecc…);

  • la “sezione B”, riportante i dati relativi agli immobili relazionati nella formalità (sostanzialmente, gli identificativi catastali degli immobili);

  • la “sezione C”, riportante i dati relativi ai soggetti presenti nella formalità (identificativi dei soggetti e rispettivi diritti relazionati sugli immobili oggetto di formalità);

  • la “sezione D”, riportante eventuali altre informazioni, non codificabili nelle precedenti sezioni, ritenute ugualmente necessarie per una compiuta pubblicità immobiliare nonché le informazioni previste ai fini dell’esecuzione della voltura catastale automatica.

Nelle prime tre sezioni (A, B e C), si devono indicare dati corrispondenti a quelli richiesti dalla legge a pena di rifiuto (art. 2674 c.c.). Tali dati possono ritenersi lecitamente indicati, anche sotto il profilo della protezione dei dati personali, in quanto riportati in presenza di un’adeguata base giuridica rappresentata dall’obbligo normativo di indicazione imposto in materia di “tenuta di registri pubblici relativi a beni immobili”.
La sezione D della nota è costituita, invece, da un campo integralmente libero, utilizzabile per l’indicazione di eventuali altre informazioni ritenute necessarie ai
fini di una compiuta pubblicità immobiliare e quindi rimesso, nella sua compilazione, alle relative valutazioni effettuate dalla parte richiedente.

 

Alla luce dei principi di autosufficienza e autoresponsabilità della nota elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, la stessa deve essere “autoconsistente” sotto il profilo della funzione pubblicitaria e la responsabilità verso i terzi ricade sul soggetto che richiede la formalità relativamente ad un determinato atto, redigendone (o facendo redigere) la nota in un certo modo e con un apposito contenuto.

Secondo l’Agenzia è da escludersi che tale responsabilità possa ricadere sul conservatore, il quale è chiamato dall’ordinamento a svolgere controlli esclusivamente di tipo formale.
Tali principi generali della nota ancor più paiono riferibili ai dati riportati nella sezione D, proprio in quanto l’indicazione di tali dati è rimessa alla esclusiva disponibilità e valutazione della parte richiedente che ne cura la compilazione.

 

La sezione D delle note, appare, dunque, l’ambito su cui concentrare l’attenzione, ai fini del rispetto dei principi di liceità e minimizzazione nel trattamento dei dati personali.
Al riguardo, l’Agenzia delle entrate sollecita le categorie interessate (notai e altri pubblici ufficiali, avvocati, uffici giudiziari, istituti di credito, ecc..) e i soggetti che predispongono le richieste di formalità ad avere cura di utilizzare la sezione D del modello di nota per l’indicazione delle sole informazioni specificamente previste da documenti di prassi e/o necessarie ai fini di una compiuta pubblicità.

In particolare, occorre che la sezione D non venga impropriamente utilizzata per riportare informazioni eccedenti rispetto alle finalità del trattamento, come nel caso dei dati personali eventualmente presenti nell’atto ma non utili alla pubblicità stessa.