Trattamento fiscale compensi erogati nell’anno successivo a quello di maturazione


I compensi corrisposti al personale dipendente, oltre l’anno di maturazione, a titolo di “premio di risultato”, “indennità di responsabilità” e “incremento di efficienza aziendale”, per i quali il Testo Unico consolidato delle norme concernenti il regolamento del personale e l’ordinamento delle carriere preveda la possibilità che l’erogazione avvenga nell’anno successivo a quello di maturazione, sono soggetti a tassazione ordinaria. In tal caso l’eventuale ritardo si considera “fisiologico” (Agenzia delle Entrate – Risposta 25 gennaio 2022, n. 49).

Con riferimento alla tassazione del reddito di lavoro dipendente, il TUIR stabilisce che le somme e i valori percepiti sono imputati al periodo d’imposta in cui entrano nella disponibilità dei lavoratori dipendenti secondo il cd. principio di cassa.
Data la progressività delle aliquote IRPEF, per attenuare gli effetti negativi derivanti da una rigida applicazione del predetto principio, lo stesso TUIR prevede che sono soggetti a tassazione separata gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti.
In altri termini, ai fini della tassazione separata, assumono rilevanza circostanze di “carattere giuridico” o “oggettive situazioni di fatto”.
Le prime consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti.
Le seconde, invece, impediscono il pagamento delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d’imposta.
L’applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo d’imposta successivo (ritardo) debba considerarsi “fisiologica” rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi.
La natura fisiologica del ritardo nella corresponsione deve essere sempre valutata quando il ritardo è determinato da “oggettive situazioni di fatto”; viceversa detta valutazione è ininfluente quando il ritardo è dovuto a circostanze di “carattere giuridico”.


Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro ha erogato in ” ritardo” successivamente all’anno di riferimento il ” premio di risultato”, l'” indennità di responsabilità” e l'” incremento di efficienza aziendale”.
Il riconoscimento di tali emolumenti è disciplinato dalle norme concernenti il regolamento del personale, in base alle quali:
– l’importo complessivo destinato al premio di risultato dell’anno precedente, nonché la ripartizione dell’importo complessivo dell’indennità di responsabilità tra le diverse unità organizzative, sono determinati dal datore di lavoro entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento, con propria delibera, sentite le organizzazioni sindacali. Il “ritardo”, dunque, è attribuibile ad “oggettive situazioni di fatto”, riscontrabili nei tempi tecnici necessari tra le delibera e la consultazione sindacale e l’effettiva erogazione del premio e dell’indennità. In tal caso, le somme sono ” fisiologicamente” corrisposte nell’anno successivo rispetto a quello di maturazione, di conseguenza sono soggette a tassazione ordinaria;
– le somme riconosciute in relazione all’incremento di efficienza aziendale, sono una forma di compenso dell’anno in corso, in quanto spettante al personale secondo “la posizione organico retributiva ricoperta da ciascun dipendente” al primo gennaio dell’anno di riferimento del compenso, la cui corresponsione potrebbe essere liquidata nello stesso anno a cui si riferisce oppure successivamente alla fine dell’anno di riferimento. Con riferimento al termine per l’erogazione di tale somma, il regolamento del personale stabilisce che “la liquidazione del compenso verrà effettuata, in unica soluzione, entro il terzo mese successivo a quello in cui la Banca d’Italia concorda con le OO.SS. la misura definitiva dell’incremento di efficienza aziendale da assegnare al proprio personale”. In tal caso, la definizione degli importi individuali avviene sulla base delle disposizioni del regolamento del personale che già prevede che la corresponsione delle somme possa avvenire nell’anno successivo a quello di maturazione; pertanto, non è ravvisabile alcun “ritardo”, e di conseguenza le somme devono ritenersi sono soggette a tassazione ordinaria.

MUD 2022


Pubblicato, nella G.U. 21 gennaio 2022, n. 16 – Suppl. Ordinario n. 4, il DPCM 17 dicembre 2021, di approvazione del Modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2022.

Il nuovo modello unico di dichiarazione ambientale sostituisce integralmente quello allegato al DPCM 23 dicembre 2020 e deve essere utilizzato per le dichiarazioni da presentare entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento all’anno precedente.


Il modello articolato dalle seguenti Comunicazioni che devono essere presentate dai soggetti tenuti all’adempimento:
– comunicazione rifiuti;
– comunicazione veicoli fuori uso;
– comunicazione imballaggi;
– comunicazione rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche;
– comunicazione rifiuti urbani;
– comunicazione produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche.


Con la presentazione del MUD alla Camera di Commercio competente per territorio vengono assolti ai sensi della L. n. 70/1994 gli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia, di notificazione previste da tutta la normativa in materia ambientale.


In particolare, il MUD deve essere presentato alla Camera di Commercio del territorio in cui è insediata l’unità locale su cui si riferisce la dichiarazione; invece, i soggetti che svolgono attività di solo trasporto e gli intermediari senza detenzione devono presentare il modello alla Camera di Commercio della Provincia nel cui territorio ha la sede legale dell’impresa cui la dichiarazione si riferisce.


Il MUD deve essere anche presentato per ogni unità locale obbligata dalle norme vigenti.


Superbonus e cooperativa sociale


La cooperativa sociale può fruire del Superbonus se usufruisce dell’esenzione parziale dalle imposte sui redditi (Agenzia delle entrate – Risposta 21 gennaio 2022, n. 47).

Qualora una cooperativa sociale di produzione e lavoro rientri tra le ipotesi di esenzione dalle imposte sui redditi di cui al citato articolo 11 del d.P.R. n. 601 del 1973, non potrà beneficiare del Superbonus, né potrà esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione.
Tuttavia, qualora il medesimo soggetto usufruisca della esenzione parziale dalle imposte sui redditi, ai sensi del medesimo articolo 11 del d.P.R. n. 601 del 1973, potrà accedere al Superbonus, nel rispetto delle condizioni e degli adempimenti ivi previsti con la possibilità di optare per la fruizione del predetto Superbonus in una delle modalità alternative previste dall’articolo 121 del decreto Rilancio.
Considerato che, nel caso di specie, la cooperativa sociale ha dichiarato di avere assoggettato a tassazione la quota dell’utile destinato a riserva legale a partire dall’anno 2012, la fattispecie descritta può essere assimilata all’ipotesi di «esenzione parziale», con la conseguenza che la società istante potrà fruire della detrazione cd. Superbonus in relazione ai periodi d’imposta in cui oltre a sostenere le spese per gli interventi agevolabili accantoni utili per i quali trovi applicazioni quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 63 del 2002, ferma restando la presenza di tutti i requisiti e delle condizioni normativamente previste.


TABACCHI: proroga validità dei titoli abilitativi


Chiarimenti in merito al deposito cauzionale per l’adempimento degli obblighi gestori a seguito di proroga del titolo concessorio (AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI – Nota 21 gennaio 2022, n. 27324/RU)

Tutte le concessioni/autorizzazioni comunque denominate nonché tutti i certificati relativi alla rete di distribuzione dei tabacchi lavorati e dei prodotti liquidi da inalazione in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza e, dunque, allo stato fino al 29 giugno 2022.
Atteso il perdurare dello stato d’emergenza sanitaria, è stato tra l’altro previsto che i soggetti titolari di concessioni che intendano avvalersi in tutto o in parte della proroga ex lege, sono tenuti a prestare le istanze di rinnovo del titolo concessorio al competente Ufficio dei Monopoli, entro e non oltre il 30 maggio 2022, ovvero entro e non oltre trenta giorni antecedenti alla scadenza della proroga ulteriormente disposta da eventuali ulteriori provvedimenti normativi.
Relativamente ai soggetti che si siano avvalsi della facoltà di proroga, si rende necessario fornire chiarimenti con specifico riferimento alla polizza fideiussoria a garanzia dell’adempimento degli obblighi gestionali.
Posto che la stessa deve conservare validità per tutto il periodo di gestione, trattandosi di una forma di tutela delle eventuali pretese creditorie di ADM a fronte di inosservanze dei predetti obblighi, si ritiene che tale forma di garanzia debba necessariamente coprire il periodo di fruizione totale o parziale della proroga ex lege.Pertanto, i titolari di concessione di rivendita di generi di monopolio che non abbiano rinunciato alla proroga sono tenuti a dare comunicazione, a mezzo pec, all’Ufficio territorialmente competente circa l’avvenuta estensione della garanzia fideiussoria almeno 30 giorni prima della scadenza originaria del contratto, fornendone contestualmente copia. Gli Uffici territorialmente competenti sono tenuti a monitorare la puntuale osservanza di quanto in questa sede disposto ed, in mancanza della comunicazione di cui sopra, dovranno farne richiesta espressa, assegnando un termine non superiore a 15 giorni per provvedere ai prescritti adempimenti.
Nel caso di garanzia prestata a mezzo di costituzione di deposito cauzionale presso la Tesoreria dello Stato, gli Uffici sono tenuti a verificare la relativa sussistenza e validità anche per il periodo di proroga del titolo.

Nota di variazione Iva al committente che ha cambiato partita Iva


È possibile riaprire la partita IVA ed emettere la nota di variazione Iva in aumento, per esercitare il diritto di rivalsa dell’imposta versata in sede di adesione, nei confronti del committente persona fisica che, nel frattempo, abbia cessato la partita Iva originaria e ne abbia attivata una nuova. Il documento deve essere intestato alla nuova partita IVA, indicando anche il codice fiscale, la fattura originaria e gli estremi dell’accertamento. (Agenzia delle Entrate – Risposta 21 gennaio 2022, n. 41).

Il Caso


Il contribuente ha esercitato l’attività professionale usufruendo del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile in assenza dei requisiti di legge.
A seguito di accertamento con adesione, ha provveduto a versare l’IVA dovuta in relazione alle fatture emesse. Tuttavia, al momento della contestazione della violazione aveva già cessato l’attività e chiuso la partita Iva.
Considerato che il principale committente, intanto, aveva chiuso l’originaria partita Iva e ricominciato la medesima attività qualche tempo dopo aprendone una nuova, si chiede se sia possibile:
– chiedere la riapertura della vecchia partita al fine di emettere le note di variazione in aumento nei confronti dei committenti;
– emettere la nota di variazione nei confronti del committente che ha chiuso l’originaria partita Iva e ne ha aperta un’altra.

Normativa


Il Decreto IVA stabilisce che il contribuente ha diritto di rivalersi dell’IVA o della maggiore IVA relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi; in tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.
La norma consente, dunque, l’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata a condizione che il cedente/prestatore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’erario e, nel contempo, il diritto a detrazione in capo al cessionario dell’IVA pagata a titolo di rivalsa, al verificarsi delle condizioni per il suo esercizio. Essa mira a ripristinare, infatti, anche nelle ipotesi di accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione consentendo il normale funzionamento dell’IVA, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici.
In altri termini:
– la rivalsa si applica solo se la base imponibile sia riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati cessionari o committenti (anche se l’imposta è determinata in via forfettaria). La rivalsa va, invece, esclusa se manca tale condizione, come nel caso dell’IVA dovuta a seguito di accertamento induttivo;
– l’operatività del diritto di rivalsa presuppone la definizione dell’accertamento ed il pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi;
– nel caso di pagamento rateale dell’imposta definitivamente accertata, il diritto alla rivalsa è ammesso in proporzione alla singola rata pagata.

Soluzione


Riguardo al caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’assenza della partita IVA al momento della commissione della violazione oggetto di accertamento, non può essere sanzionata con la preclusione della rivalsa. In tale evenienza il soggetto accertato può esercitare la rivalsa utilizzando la partita IVA attribuitagli d’ufficio in sede di accertamento. In altre parole è ammessa l’apertura della partita IVA anche in un momento successivo all’attività di controllo, al solo fine di esercitare la rivalsa.
Quanto, invece, alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti di una partita IVA diversa da quella indicata nell’originaria fattura, ormai chiusa, l’Agenzia delle Entrate, in passato, ha chiarito che nell’ipotesi di intervenuta estinzione del soggetto passivo acquirente non è possibile esercitare la rivalsa IVA, riferendosi però a soggetti giuridici estinti, e quindi cancellati dal registro delle imprese.
Nel caso di specie, invece, il committente ha chiuso la propria partita IVA nel mese di dicembre per poi riaprirla a distanza di un anno per esercitare la medesima attività. Secondo l’Agenzia delle Entrate, in tal caso, il committente persona fisica non si è “estinto” – come accade per un soggetto giuridico – ma, al contrario, ha poi continuato ad esercitare la medesima attività, seppur con una nuova partita IVA; ciò consente di riconoscere una continuità soggettiva e, quindi, di attribuirgli, da un punto di vista sostanziale, l’identità di “committente originario”, anche se fiscalmente lo stesso sia ora individuato da una partita IVA formalmente diversa da quella utilizzata nell’operazione originaria. D’altronde una persona fisica, per sua natura, nonostante l’attribuzione di una diversa partita IVA, mantiene sempre il medesimo codice fiscale che costituisce, ai fini della fatturazione dell’IVA di rivalsa, l’elemento di continuità con il passato, laddove nel contempo il committente seguiti ad esercitare la medesima attività.


In conclusione, è possibile chiedere la riapertura della partita IVA, ed emettere le note di variazione Iva in aumento per esercitare la rivalsa dell’imposta versata in sede di adesione. In particolare, nei confronti del committente che ha cambiato la partita Iva, tenuto conto della sostanziale continuità soggettiva della posizione fiscale, la nota di variazione deve essere intestata alla nuova partita IVA del committente, avendo cura di indicare, altresì, anche il suo codice fiscale, i riferimenti della fattura originaria e gli estremi identificativi dell’avviso di accertamento.