Autotrasportatori, deduzione forfetaria 2024

Con il comunicato del 10 giugno 2024, il Ministero dell’economia e delle finanze ha reso note le misure delle deduzioni forfetarie a favore degli autotrasportatori per il periodo d’imposta 2023.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha comunicato che, sulla base delle risorse disponibili, sono state definite le agevolazioni fiscali per il 2024 in favore degli autotrasportatori relative alle deduzioni forfetarie per spese non documentate, come previsto dall’articolo 66, comma 5, primo periodo, del TUIR.

 

Per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l’impresa (autotrasporto merci per conto di terzi) è prevista una deduzione forfetaria di spese non documentate per il periodo d’imposta 2023 nella misura di 48,00 euro.

La deduzione spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione di trasporti, indipendentemente dal numero dei viaggi.

L’agevolazione fiscale si ottiene anche per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35% di quello riconosciuto per i medesimi trasporti oltre il territorio comunale.

 

Al riguardo, con specifico riferimento alle modalità di compilazione della dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle entrate, nel comunicato stampa del 10 giugno 2024, ha precisato che la  suddetta deduzione forfetaria per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore va riportata nei quadri RF e RG dei modelli Redditi 2024 PF e SP, utilizzando nel rigo RF55 i codici 43 e 44 e nel rigo RG22 i codici 16 e 17, così come indicato nelle istruzioni del modello Redditi.

I codici si riferiscono, rispettivamente, alla deduzione per i trasporti all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa e alla deduzione per i trasporti oltre tale ambito.

Percentuale fruibile del credito d’imposta impianti di compostaggio 

In merito al credito d’imposta per le spese sostenute per l’installazione e messa in funzione di impianti di compostaggio presso i centri agroalimentari presenti nelle regioni Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, l’Agenzia delle entrate ha stabilito la percentuale effettivamente fruibile per le domande presentate dal 22 aprile al 31 maggio 2024 (Agenzia delle entrate, provvedimento 6 giugno 2024, n. 260004).

L’articolo 1, commi da 831 a 834, della Legge n. 234/2021 ha previsto un credito d’imposta per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2023, relative all’installazione e messa in funzione di impianti di compostaggio presso i centri agroalimentari presenti nelle regioni Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.

 

Al riguardo, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 80989/2022 ha previsto che, ai fini del rispetto del limite di spesa, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta indicato nella comunicazione validamente presentata moltiplicato per la percentuale resa nota con successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Detta percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa previsto per ciascun periodo d’imposta all’ammontare complessivo del credito d’imposta risultante dalle comunicazioni validamente presentate.

 

L’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 22 aprile 2024 al 31 maggio 2024, con riferimento alle spese sostenute dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, è risultato pari a 149.650 euro, a fronte di 1 milione di euro di risorse disponibili per l’anno 2024, che costituiscono il limite di spesa.

Pertanto, la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile è pari al 100%.

Ciascun beneficiario può visualizzare il credito d’imposta fruibile tramite il proprio cassetto fiscale accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.

 

Il credito d’imposta è utilizzato dai beneficiari in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/197.

Indennità risarcitoria da perdita di redditi da lavoro: il trattamento fiscale applicabile

L’Agenzia delle entrate ha chiarito il trattamento fiscale applicabile alla somma oggetto di indennità corrisposta quale risarcimento per la perdita di redditi di lavoro dipendente (Agenzia delle entrate, risposta 6 giugno 2024, n. 130).

L’articolo 6, comma 2, del TUIR, prevede che i proventi conseguiti in sostituzione di redditi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.

 

In linea generale, qualora l’indennizzo percepito da un determinato soggetto vada a compensare in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte sono da considerarsi dirette a sostituire un reddito non conseguito (c.d. lucro cessante) e conseguentemente vanno ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente ed assoggettate a tassazione.

Nella diversa ipotesi in cui il risarcimento venga erogato con la finalità di indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite ovvero di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (c.d. danno emergente), le somme corrisposte non saranno assoggettata a tassazione

 

Nel caso di specie, da una sentenza è emerso che stante la preclusione alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della resistente l’unica conseguenza applicabile all’accertata violazione del disposto di cui all’art. 31, comma 2 D.Lgs. n. 81/2015 è da individuarsi nell’indennità risarcitoria di cui all’art. 39, comma 2 D.Lgs. Inoltre, tenuto conto della limitata durata del contratto e della relativa proroga, delle dimensioni dell’impresa e dei dipendenti occupati, oltre che del comportamento e delle condizioni delle parti, il giudice ha determinato l’indennità risarcitoria nella misura di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.

Al riguardo l’Agenzia delle entrate ritiene che l’indennità risarcitoria corrisposta dall’istante sia qualificabile quale risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente e come tale abbia una valenza sostitutiva del reddito non conseguito ai sensi del citato articolo 6 del TUIR.

 

Tenuto conto che l’imposta si applica separatamente sugli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità, le somme corrisposte dall’istante alla ricorrente devono essere assoggettate a tassazione separata.

Imposta di bollo su quietanze di pagamento: i chiarimenti del Fisco

L’Agenzia delle entrate ha fornito risposta a un interpello in merito all’applicazione dell’esenzione prevista dalla nota 2, articolo 13, della tariffa allegato A DEL dpr n. 642/1972, per le quietanze di pagamento rilasciate con apposito documento, distinto dalla fattura già assoggettata all’imposta di bollo (Agenzia delle entarte, risposta 5 giugno 2024, n. 129).

L’articolo 1 del d D.P.R. n. 642/1972 dispone che sono soggetti all’imposta di bollo gli atti, documenti e i registri indicati nell’annessa tariffa.

Al riguardo, l’articolo 13, comma 1, della Tariffa allegata al citato D.P.R. dispone che l’imposta si applica nella misura di 2 euro per ogni esemplare, per le fatture, note, conti e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti, anche non sottoscritti, ma spediti o consegnati pure tramite terzi; ricevute e quietanze rilasciate dal creditore, o da altri per suo conto, a liberazione totale o parziale di una obbligazione pecuniaria.

Sempre l’articolo 13, comma 1, prevede che l’imposta non è dovuta:

  • quando la somma non supera L. 150.000 (euro 77,47) a meno che si tratti di ricevute o quietanze rilasciate a saldo per somma inferiore al debito originario, senza la indicazione di questo o delle precedenti quietanze, ovvero rilasciate per somma indeterminata;

  • per la quietanza o ricevuta apposta sui documenti già assoggettati all’imposta di bollo o esenti.

Già con la risposta n. 21/2020 l’Agenzia ha avuto modo di chiarire che le quietanze, in linea generale, devono essere assoggettate all’imposta di bollo nella misura di euro 2,00 e che non è dovuta l’imposta di bollo per le quietanze relative a fatture ma solo quando fisicamente apposte su fatture esenti IVA ovvero già assoggettate all’imposta di bollo.

 

L’articolo 8 del D.P.R. n. 642/1972 prevede, poi, che nei rapporti con lo Stato l’imposta di bollo, quando dovuta, sia a carico dell’altra parte, nonostante qualunque patto contrario.

 

L’articolo 1199 del codice civile dispone che il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza.

 

Nel caso di specie, la quietanza si sostanzia in un documento distinto dalla fattura che ha già scontato l’imposta di bollo e, pertanto, trattandosi di un nuovo atto che risulta annoverato tra quelli indicati nell’articolo 13 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642/1972, è soggetto ad imposta di bollo secondo la regola generale.

 

L’Agenzia, infine, ricorda che l’imposta di bollo si corrisponde secondo le indicazioni della Tariffa allegata:

– mediante pagamento dell’imposta ad intermediario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate, il quale rilascia, con modalità telematiche, apposito contrassegno;

– in modo virtuale, mediante pagamento dell’imposta all’ufficio dell’Agenzia dell’entrate o ad altri uffici autorizzati o mediante versamento in conto corrente postale.

Nell’ipotesi in cui l’utente intenda assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale, l’interessato deve presentare agli uffici dell’Agenzia delle entrate territorialmente competenti apposita richiesta di autorizzazione, nonché porre in essere gli adempimenti richiesti dall’articolo 15 del D.P.R. n. 642/1972.

Qualora, invece, non intenda adottare la modalità virtuale, l’imposta di bollo deve essere assolta mediante versamento ad un intermediario convenzionato con l’Agenzia delle entrate, che rilascia l’apposito contrassegno.

 

Alla luce di quanto illustrato, l’Agenzia ritiene che, nel caso di specie, sulle quietanze oggetto del quesito l’imposta di bollo, dovuta nella misura di euro 2,00 per esemplare, può essere assolta tramite il contrassegno ovvero secondo la modalità virtuale ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. n. 642/1972.

Bonus cuoco professionista: le modalità per la cessione del credito d’imposta

L’Agenzia delle entrate ha stabilito le modalità con le quali i beneficiari del credito d’imposta a favore dei soggetti esercenti l’attività di cuoco professionista comunicano all’Agenzia delle entrate, in alternativa all’utilizzo in compensazione, la cessione del credito d’imposta (Agenzia delle entrate, provvedimento 31 maggio 2024, n. 252373).

L’articolo 1, comma 117, della Legge n. 178/2020 riconosce un credito d’imposta ai soggetti esercenti l’attività di cuoco professionista presso alberghi e ristoranti, sia come lavoratore dipendente sia come lavoratore autonomo in possesso di partita IVA, per le spese per l’acquisto di beni strumentali durevoli ovvero per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale, strettamente funzionali all’esercizio dell’attività.

Inoltre, il comma 121 prevede che tale credito, in luogo dell’utilizzo in compensazione, possa essere ceduto ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

 

Modalità di cessione del credito d’imposta 

I soggetti beneficiari del credito d’imposta possono optare per la cessione, anche parziale, del credito stesso ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e altri intermediari finanziari, senza la facoltà di ulteriore cessione.

 

La comunicazione della cessione, a cura del cedente, deve avvenire esclusivamente tramite un apposito servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, all’interno della “Piattaforma cessione crediti”.

Il cessionario deve comunicare l’accettazione della cessione del credito ceduto con le stesse modalità.

 

Dopo l’accettazione, il cessionario può utilizzare il credito d’imposta esclusivamente in compensazione alle stesse condizioni applicabili al cedente e nei limiti dell’importo ceduto, indicando lo stesso codice tributo istituito per la fruizione da parte dei beneficiari originari, di cui alla risoluzione n. 71/E/2023.