Controlli su denaro contante in entrata e in uscita dall’UE: approvato in esame preliminare il D.Lgs.

Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 4 settembre 2024, ha approvato in esame preliminare un decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1672, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (Presidenza del consiglio die ministri, comunicato 4 settembre 2024, n. 93).

Il regolamento (UE) 2018/1672 amplia le misure volte al monitoraggio del trasporto transfrontaliero al seguito di denaro contante, nonché alla condivisione e all’utilizzo delle relative informazioni. Le autorità competenti sono tenute a trasmettere alla Unità di informazione finanziaria (UIF) del rispettivo Paese, con cadenza quindicinale, le dichiarazioni relative al trasporto di valori di importo pari o superiore a 10.000 euro; le dichiarazioni riguardano il contante tradizionale e gli strumenti ulteriori, quali carte di pagamento e altri mezzi idonei a incorporare valore liquido.

Alla UIF devono inoltre essere trasmesse le informazioni relative a casi di sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo riscontrati dalle autorità doganali, senza limiti di soglia, nonché a ipotesi di violazione dell’obbligo di dichiarazione emerse nel corso dei controlli.

 

Il testo normativo di adeguamento interviene in diversi ambiti.

 

Mercato dell’oro

In particolare, vengono modificate le definizioni di “oro da investimento”, facendovi rientrare anche l’oro destinato a successiva lavorazione, e di “materiale d’oro” e viene ampliato il novero delle operazioni in oro che devono essere dichiarate all’UIF riducendo (da 12.500 euro a 10.000 euro) il relativo “valore soglia”, precisando che rilevano anche le operazioni nelle quali non vi sia stata consegna di oro e prevedendo che l’obbligo di dichiarazione sussista anche in relazione ad operazioni dello stesso tipo eseguite nel corso del mese solare con la medesima controparte che siano singolarmente pari o superiori a 2.500 euro e comunque complessivamente pari o superiori a 10.000 euro.

Inoltre, si subordina l’esercizio, in via professionale, del commercio di oro da parte di società di capitali alla previa comunicazione all’Organismo degli agenti e mediatori (OAM), al quale si attribuisce il compito di istituire e tenere un apposito registro.

Oltre a ciò, viene modificata la disciplina inerente alle sanzioni in materia di attività professionale di commercio di oro e di dichiarazioni delle operazioni in oro.

 

Normativa in materia valutaria

Il Decreto aggiorna le definizioni di “denaro contante”, “valuta”, “strumenti negoziabili al portatore”, “carte prepagate”, “denaro contante non accompagnato”.

Si prevede che per il coordinamento e lo scambio di informazioni tra autorità – che sono alla base del sistema di sorveglianza dei movimenti di denaro contante in entrata nell’Unione europea o in uscita da essa – non sia necessario ricorrere unicamente a sistemi informatici e che le citate informazioni possano essere utilizzate anche per finalità di prevenzione del riciclaggio.

In merito all’obbligo di dichiarazione gravante su chiunque entri o esca dal territorio nazionale trasportando denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro, si prevede che l’obbligo di dichiarazione non è soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete (come attualmente previsto) e se il denaro contante non è messo a disposizione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli a fini di controllo.

Viene anche statuito che i controlli non casuali delle movimentazioni di denaro contante si basino principalmente sull’analisi dei rischi effettuata anche mediante procedimenti informatici e si prevede l’utilizzabilità per fini fiscali delle informazioni acquisite nell’ambito delle attività di accertamento e contestazione relative all’adempimento degli obblighi di dichiarazione (rispetto al denaro accompagnato) e di informativa (per il denaro non accompagnato), nonché nell’ambito delle attività di trattenimento temporaneo di denaro contante.

Viene disposto, inoltre, che lo scambio di informazioni tra l’ADM e la GDF e le omologhe autorità competenti degli Stati UE avvenga attraverso il sistema di informazioni doganali (SID) e che, qualora emergano indizi di attività criminose correlate a denaro contante, che potrebbero arrecare pregiudizio agli interessi finanziari dell’UE, le citate informazioni vengano trasmesse dall’ADM e dalla GDF anche alla Commissione UE, all’EPPO e (dalla sola GDF) ad EUROPOL.

 

Infine, il Decreto interviene in materia di estinzione per oblazione delle violazioni degli obblighi dichiarativi e informativi inerenti ai trasferimenti di denaro contante, incrementando le soglie percentuali previste per il pagamento in misura ridotta e introducendo un trattamento differenziato per i casi di omessa dichiarazione e per i casi di incompleta/inesatta dichiarazione e si inaspriscono le sanzioni amministrative pecuniarie comminate per la violazione degli obblighi dichiarativi e informativi.

Sequestro preventivo e adempimenti fiscali dell’amministratore giudiziale

 

 

Con risoluzione n. 45 del 3 settembre 2024, l’Agenzia delle entrate ripercorre gli obblighi dichiarativi e di versamento cui è tenuto l’amministratore giudiziale nell’ipotesi di sequestro preventivo.

Nell’ipotesi di sequestro preventivo, come è stato già chiarito con precidenti provvedimenti (risoluzione n. 70/E del 29 ottobre 2020, risposte nn. 276 e 496/2021), tornano applicabili le disposizioni del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (codice leggi antimafia).
Con particolare riferimento al comma 1-bis dell’articolo 104-bis, disp. att. c.p.p., la sua mutata formulazione che non prevede più un rinvio generale alle norme di cui al libro I, titolo III, del codice delle leggi antimafia, bensì alle sole norme che, al loro interno recano la disciplina della nomina e revoca dell’amministratore, dei compiti, degli obblighi dello stesso e della gestione dei beni, ha spinto ad interrogarsi sull’attuale applicabilità (o meno) delle disposizioni concernenti gli obblighi fiscali e, nello specifico, quelle concernenti gli obblighi dichiarativi e di versamento del D.Lgs. n. 159/2011 a tutte le forme di sequestro penale.

Secondo l’Agenzia, i predetti obblighi dichiarativi e di versamento – disciplinati, nel contesto del richiamato libro I, titolo III, del codice delle leggi antimafia, dall’articolo 51, D.Lgs. n. 159/2011 – rientrano tra gli obblighi dell’amministratore giudiziario, con la conseguenza che la richiamata disposizione di cui all’articolo 51 deve ritenersi ancora applicabile, in linea con la precedente prassi, a tutte le forme di sequestro penale.

In particolare, con riferimento alla determinazione del reddito dei beni immobili, l’articolo 51 del citato D.Lgs. n. 159/2011, concernente il ”regime fiscale e oneri economici”, prevede che durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono:

– è disposta la ”sospensione del versamento” da imposte, tasse e tributi il cui presupposto impositivo consista nella titolarità del diritto di proprietà o nel possesso di un bene immobile. Essendo la sospensione limitata al versamento, ne consegue che, anche con riguardo ai beni immobili, non viene meno, in capo all’amministratore giudiziario, l’obbligo di adempiere agli ulteriori oneri fiscali, compresi quelli dichiarativi, durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca non definitiva;

– è disposta l’esenzione dalle imposte di registro, ipocatastale e di bollo qualora gli atti ed i contratti posti in essere durante il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria abbiano ad oggetto i beni immobili la cui proprietà o il cui possesso costituiscano presupposto impositivo di imposte, tasse e tributi;

– ai fini della determinazione complessiva delle imposte sui redditi, è irrilevante il reddito prodotto dai beni immobili oggetto dei provvedimenti di sequestro e confisca non definitiva, anche se locati, qualora sia determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I (”Redditi fondiari”) e dell’articolo 70 (”Redditi di natura fondiaria”) del TUIR; non rilevano anche nell’ipotesi di cui all’articolo 90, comma 1, quarto e quinto periodo (”Proventi immobiliari”) del TUIR, e quindi, non concorrono alla determinazione del reddito imponibile. Nondimeno lo stesso deve, comunque, essere esposto in dichiarazione dei redditi, al fine di consentire all’Amministrazione finanziaria la liquidazione dell’imposta dovuta in caso di revoca della misura cautelare.

Sotto il profilo dichiarativo, invece, si ritiene corretto che l’amministratore giudiziario assolva agli obblighi dichiarativi relativi al periodo d’imposta, intestando le dichiarazioni al de cuius con l’indicazione del codice fiscale del defunto, inserendo altresì i propri dati anagrafici in qualità di dichiarante e di amministratore giudiziario.

Fertilizzanti di provenienza estera: aliquota IVA del 4%

L’aliquota IVA del 4% ai fertilizzanti in genere deve ritenersi applicabile sia quando sono prodotti ovvero introdotti nel mercato a seguito di autorizzazione, sia quando inseriti negli appositi elenchi del MASAF (Agenzia DELLE ENTRATE, RISPOSTA DI CONSULENZA GIUSRIDICA 30 agosto 2024, n. 4).

Un’Associazione, operante con il gruppo di lavoro per la protezione delle piante presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ora divenuto Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che ha come obiettivi la promozione e la divulgazione di tutte le iniziative, tecniche, scientifiche, culturali e di impiego dei fertilizzanti e dei suoi derivati e svolge attività di assistenza e consulenza nel campo della produzione e uso di fertilizzanti, della nutrizione delle colture e della scienza del suolo, chiede chiarimenti in ordine alla corretta aliquota IVA da applicare ai prodotti ”fertilizzanti” di produzione estera che vengono commercializzati in Italia a seguito di mutuo riconoscimento.

L’Agenzia delle entrate – con risposta di consulenza giuridica 30 agosto 2024, n. 4 – chiarisce che, secondo quanto previsto al n. 19) della Tabella A, parte II, allegata al DPR n. 633/1972 (”Decreto IVA”) si applica l’aliquota IVA del 4% alle cessioni di ”fertilizzanti di cui alla Legge 19 ottobre 1984, n. 748”. La stessa, tuttavia, precisa che la citata legge è stata abrogata dal decreto legislativo n. 217/2006, a sua volta abrogato dal decreto legislativo n. 75/2010, da ultimo modificato con il decreto del MASAF del 10 ottobre 2022.

In particolare, l’articolo 2 del D.Lgs. n. 75/2010 contiene la definizione di “fertilizzanti” e, di conseguenza, come già chiarito con precedente risposta (v. risposta 27 agosto 2020, n. 282) occorre fare riferimento a quest’ultima definizione per l’individuazione dei prodotti in questione. Nel tempo, comunque, il settore dei fertilizzanti ha sviluppato una regolamentazione dettagliata, secondo cui le ditte produttrici sono tenute a dichiarare l’oggetto delle proprie attività, sono registrate a livello nazionale e i fertilizzanti, per poter essere immessi in commercio, devono essere inseriti in un registro nazionale al fine di garantire la tracciabilità dei prodotti.

Per quanto concerne l’aliquota IVA applicabile ai fertilizzanti, il punto n. 19) della Tabella A non fa riferimento ad alcuna voce doganale in quanto rientrano nell’ambito dei fertilizzanti i più svariati prodotti, compresi in diversi capitoli della nomenclatura combinata. Deve pertanto ritenersi applicabile l’aliquota IVA del 4% ai fertilizzanti in genere, sia quando prodotti ovvero introdotti nel mercato a seguito di autorizzazione, sia quando inseriti negli appositi elenchi del MASAF.

Infine – precisa l’Agenzia – secondo l’articolo 105 bis della Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE «Le aliquote ridotte o le esenzioni con diritto a detrazione dell’IVA versata nella fase precedente sui pesticidi chimici e sui fertilizzanti chimici cessano di applicarsi entro il 1° gennaio 2032».

 

Ministero del turismo: la Banca Dati Strutture Ricettive

Dal 28 agosto, le Regioni Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Toscana, Umbria e la Provincia Autonoma di Trento si sono unite alla fase sperimentale della Banca Dati nazionale delle Strutture Ricettive e degli immobili destinati a locazione breve o per finalità turistiche, che includeva già le Regioni Emilia Romagna, Piemonte, e la Regione autonoma Valle d’Aosta, oltre ad Abruzzo, Calabria, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto e la Provincia autonoma di Bolzano (Ministero del turismo, comunicato 28 agosto 2024).

La Banca Dati nazionale delle Strutture Ricettive e degli immobili destinati a locazione breve o per finalità turistiche (BDSR) è istituita ai sensi dell’articolo 13-quater, comma 4, del D.L. n. 34/2019 e rappresenta un pilastro fondamentale per la tutela del consumatore, della concorrenza e della trasparenza del mercato.

La BDSR è uno strumento che implementa, tramite meccanismi di interoperabilità, il coordinamento informativo tra i dati dell’amministrazione statale e territoriale ed è volto a fornire una mappatura degli esercizi ricettivi su scala nazionale, anche utile al contrasto di forme irregolari di ospitalità.

 

Tramite la piattaforma è possibile richiedere il Codice Identificativo Nazionale (CIN), da utilizzare per la pubblicazione degli annunci e per l’esposizione all’esterno delle strutture e degli immobili, ai sensi dell’articolo 13-ter del D.L. n. 145/2023: effettuando l’accesso tramite identità digitale, i titolari visualizzano i dati relativi alle strutture collegate al proprio Codice Fiscale, integrano le informazioni mancanti, segnalano eventuali modifiche e ottengono il CIN.

 

Il Decreto del Ministero del turismo n. 16726/2024 del 6 giugno 2024 ha consentito l’avvio della fase pilota della BDSR, durante la quale è previsto lo sviluppo dell’interoperabilità con le banche dati territoriali e il coinvolgimento graduale delle Regioni e Province Autonome.

Nella fase di avvio sperimentale non sono previste sanzioni ed è consentito ai cittadini che lo desiderano di adeguarsi con anticipo agli obblighi correlati al codice identificativo.

 

Le diposizioni contenute all’articolo 13-ter del D.L. n. 145/2023 saranno applicabili solo dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Avviso attestante l’entrata in funzione della BDSR su scala nazionale. 

Trattamento fiscale dei premi corrisposti a conclusione di un concorso di progettazione in due gradi

L’Agenzia delle entrate è intervenuta a chiarire dubbi interpretativi in relazione all’applicazione dell’imposta di bollo alle domande di partecipazione ad un concorso di progettazione in due gradi e al trattamento fiscale applicabile, ai fini dell’IVA e delle ritenute, ai premi che dovrà corrispondere ai soggetti che si sono classificati dal secondo al quinto posto della graduatoria finale (Agenzia delle entrate, risposta 29 agosto 2024, n. 177).

Con riferimento all‘imposta di bollo, l’articolo 3 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 642/1972 prevede il pagamento dell’imposta di bollo sin dall’origine, nella misura di euro 16 per ogni foglio, per le istanze, petizioni, ricorsi e relative memorie diretti agli uffici e agli organi, anche collegiali, dell’Amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni loro consorzi e associazioni, delle comunità montane e delle unità sanitarie locali, tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili.

La Nota 2 del suddetto articolo 3 prevede l’esenzione dal tributo di bollo esclusivamente per le domande di partecipazione a pubblici concorsi di reclutamento di personale banditi dalla pubblica amministrazione per l’assunzione in servizio anche temporanea. Il beneficio riguarda anche la documentazione allegata alle domande.

Pertanto, l’Agenzia delle entrate specifica che non risulta alcun elemento idoneo a giustificare, sul piano interpretativo, un’estensione dell’esenzione di cui sopra alle domande di iscrizione ai corsi di formazione professionale, posto che con tali istanze il soggetto non mira ad instaurare un rapporto di collaborazione subordinata e retribuita con le pubbliche amministrazioni.

Detta disposizione agevolativa, dunque, non torna applicabile al caso di specie, atteso che con la domanda in esame non si realizza la partecipazione a pubblici concorsi di reclutamento di personale banditi dalla pubblica amministrazione per l’assunzione in servizio anche temporanea.

 

Riguardo, poi, alla natura dei premi da corrispondere ai soggetti classificati dalla seconda alla quinta posizione, l’Agenzia ricorda che l’articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 430/2001 prevede che lo scopo delle manifestazioni a premio è quello di favorire la conoscenza di prodotti, servizi, ditte, insegne, marchi o la vendita di determinati prodotti o la prestazione di servizi aventi, comunque, fini anche in parte commerciali. L’articolo 5, inoltre, al comma 1, prevede che i concorsi e le operazioni a premio sono effettuate soltanto da imprese produttrici o commerciali fornitrici o distributrici dei beni o dei servizi promozionati e dalle organizzazioni rappresentative dell’associazionismo economico tra imprese costituite sotto forma di consorzi e di società anche cooperative.

Atteso che l’Amministrazione istante non è ricompresa tra i soggetti destinatari di tale disciplina, la stessa non può trovare applicazione al caso in esame.

 

In merito all’IVA e alle ritenute, invece, l’Agenzia fa riferimento all’articolo 3, comma 2, lettera ddd) del Codice dei contratti pubblici, che per “concorsi di progettazione” intende “le procedure intese a fornire alle stazioni appaltanti, nel settore dell’architettura, dell’ingegneria, del restauro e della tutela dei beni culturali e archeologici, della pianificazione urbanistica e territoriale, paesaggistica, naturalistica, geologica, del verde urbano e del paesaggio forestale agronomico, nonché nel settore della messa in sicurezza e della mitigazione degli impatti idrogeologici ed idraulici e dell’elaborazione di dati, un piano o un progetto, selezionato da una commissione giudicatrice in base a una gara, con o senza assegnazione di premi”.

Nel concorso di progettazione in due gradi indetto dall’Istante, oggetto dell’affidamento è una prestazione tecnica e la procedura si conclude con una graduatoria di merito, nonché con l’assegnazione di premi al vincitore e ai successivi quattro classificati.

Ai fini dell’IVA, l’articolo 1 del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che rientrano nel campo di applicazione del tributo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni.

Nel caso di specie, la corresponsione dei premi avviene nell’ambito di uno schema negoziale ai sensi del codice degli appalti, e il rapporto che si instaura tra l’Amministrazione che ha indetto il concorso e i soggetti professionisti partecipanti realizza una fattispecie negoziale, riconducibile ai rapporti di natura sinallagmatica in cui avviene uno scambio di reciproche prestazioni, tale da attribuire, ai fini del tributo in esame, alle somme erogate la natura di corrispettivo. Duque, i premi di cui trattasi rilevano ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, in quanto sussistenti i presupposti di carattere oggettivo, soggettivo e territoriale ai sensi del D.P.R. n. 633/1972. Ne consegue in capo ai soggetti destinatari dei premi, l’assolvimento dei relativi obblighi di fatturazione con applicazione dell’aliquota IVA in misura ordinaria.

 

Ai fini delle imposte dirette, infine, considerato che i premi in argomento si configurano compensi di lavoro autonomo, l’Agenzia chiarisce che l’Istante, quale sostituto di imposta, è tenuto ad operare sui predetti compensi le ritenute a titolo di acconto.