Agevolazioni “prima casa”: decadenza parziale per costituzione del diritto di usufrutto


In materia di agevolazioni “prima casa”, forniti chiarimenti sulla decadenza parziale dalle agevolazioni a seguito di costituzione del diritto di usufrutto sull’immobile agevolato prima del decorso dei cinque anni dall’acquisto (Agenzia delle entrate – Risposta 30 agosto 2022, n. 441).

Nel caso di specie, il contribuente, cittadino italiano residente all’estero, iscritto all’AIRE, fa presente che nel 2021 ha acquistato in Italia un immobile abitativo, fruendo dell’agevolazione cd. ” prima casa” disciplinata dalla Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Al riguardo, l’istante afferma che “non potendo prevedere, per motivi lavorativi, di trasferire la propria residenza in Italia in tempi brevi, sta valutando se costituire un diritto di usufrutto a tempo determinato a favore della propria moglie”.
Nel caso dell’usufrutto a tempo determinato, l’usufruttuario acquisisce il possesso del bene solo per un tempo predeterminato, trascorso il quale il disponente ritorna pieno proprietario del bene.
L’istante chiede di conoscere:
1) se l’usufrutto a tempo determinato produce i medesimi effetti dell’usufrutto vitalizio (compressione del diritto di proprietà), rendendo quindi applicabile quanto disposto di cui al comma 4 della citata Nota II-bis (ossia la decadenza dalle agevolazioni fruite, nella presente ipotesi, parziale);
2) se, nel caso in cui la risposta al precedente punto a) sia positiva, la base imponibile su cui applicare le imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute nella misura ordinaria (oltre alla sanzione e agli interessi) sia costituita dall’intero valore del bene, oppure venga rapportata al valore del diritto di usufrutto costituito a tempo determinato.

In relazione alla decadenza parziale dall’agevolazione “prima casa” fruita per l’acquisto dell’abitazione, nel caso di costituzione, in favore del coniuge, del diritto di usufrutto a tempo determinato (per la durata di cinque anni) sull’immobile agevolato, il comma 4 della sopra citata Nota II-bis prevede che in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici fiscali prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. Sono dovuti gli interessi di mora di cui al comma 4 dell’articolo 55 del presente testo unico. Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Pertanto, si incorre nella decadenza dall’agevolazione fruita in caso di trasferimento degli immobili acquistati con i benefici in esame entro i cinque anni dall’acquisto, se non si procede a un nuovo acquisto entro un anno dall’alienazione dell’immobile agevolato. Il legislatore ha inteso, infatti, agevolare l’acquisto della ” prima casa”, finalità che viene meno con l’alienazione anticipata dell’abitazione o dei diritti reali acquistati sul medesimo.
In relazione alla possibile decadenza parziale dall’agevolazione, con la risoluzione del 16 febbraio 2006, n. 31/E è stato chiarito che: così come il regime di favore trova applicazione anche con riferimento all’acquisto di una quota di abitazione, allo stesso modo deve ritenersi che la vendita di una quota o di una parte di essa (prima dei cinque anni), determini la decadenza per la quota o porzione di immobile ceduta. In tal senso, il richiamo contenuto nella menzionata norma al “trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati” deve intendersi riferito anche alle quote o porzioni di immobili.
Con la risoluzione dell’8 agosto 2007, n. 213/E, inoltre, in relazione alla richiamata normativa, è stato chiarito che la cessione del diritto di nuda proprietà, entro i cinque anni dall’acquisto agevolato, comporta la decadenza dai benefici in questione in quanto l’operazione viene posta in essere prima del decorso del quinquennio dalla data di acquisto. In tale ipotesi, la perdita del beneficio riguarda la parte di prezzo corrispondente al diritto parziario ceduto. In particolare, si applicano al prezzo dichiarato nell’atto di acquisto i coefficienti per la determinazione dei diritti di usufrutto, di cui al prospetto dei coefficienti allegato al TUR, con riferimento alla data in cui il diritto è stato acquisito. Pertanto, la perdita del beneficio è rapportata al valore del diritto parziario ceduto.
Analogamente, si incorre nella decadenza parziale dall’agevolazione fruita in sede di acquisto della piena proprietà dell’abitazione, anche nel caso di costituzione di diritti reali, quali l’usufrutto, l’uso o l’abitazione, in quanto cessione parziale del suddetto più ampio diritto.
La costituzione del diritto di usufrutto sull’immobile agevolato di cui alla fattispecie in esame, comporta, infatti, una compressione del diritto di piena proprietà acquistato dall’istante con le agevolazioni.
Si osserva che l’agevolazione è applicabile non solo per gli atti di acquisto del diritto di piena proprietà, ma anche per gli atti di costituzione o trasferimento di diritti parziari sull’immobile (quali i diritti di nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione). La cessione infra quinquennale a terzi di tali diritti determina la decadenza dall’agevolazione. Parimenti, nel caso di acquisto del diritto di proprietà pieno e di successiva (entro cinque anni dall’acquisto) cessione del diritto di parziario di nuda proprietà, usufrutto, uso o abitazione, si determina la decadenza dall’agevolazione fruita, limitatamente alla parte di prezzo corrispondente al diritto parziario ceduto.
Tale conclusione appare valida anche nell’ipotesi in cui, prima dei cinque anni dall’acquisto dell’immobile agevolato, venga costituito a favore di un terzo un diritto di usufrutto a tempo “determinato”.
Pertanto, la decadenza dall’agevolazione opera proporzionalmente al valore del diritto parziario ceduto.
Conseguentemente, ai fini fiscali, sul valore del diritto alienato va recuperata la differenza tra la tassazione agevolata e la tassazione ordinaria, oltre alla sanzione e agli interessi, ai sensi del richiamato art. 1, comma 4 della Nota II-bis Parte prima, del TUR.

Contributo al Fondo di garanzia per mediatori di assicurazione e riassicurazione


Determinazione del contributo al Fondo di garanzia per i mediatori di assicurazione e riassicurazione – anno 2022 (MISE – DM 12 agosto 2022)

Il contributo che gli aderenti devono versare al Fondo di garanzia per i mediatori di assicurazione e di riassicurazione, per l’anno 2022, è fissato nella misura dello 0,08% delle provvigioni acquisite dai mediatori di assicurazione e di riassicurazione nel corso dell’anno 2021.
I versamenti devono essere effettuati entro il 31 ottobre 2022. Nel medesimo termine i mediatori trasmettono al Fondo una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante le provvigioni acquisite nel corso dell’anno 2021.

Indebita compensazione Iva infragruppo: termine di decadenza per il recupero


Ai fini del recupero dell’Iva infragruppo indebitamente compensata non va fatta alcuna distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti ai fini dell’individuazione del termine entro il quale notificare l’atto di recupero (Corte di cassazione – Ordinanza 29 agosto 2022, n. 25436).

L’art. 1, co. 421, L. n. 311/2004 prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’art. 60, D.P.R. n. 600/1973.
A riguardo, inoltre, l’art. 27, co. 16, D.L. n. 185/2008, conv. dalla L. n. 2/2009 prevede che l’atto emesso dal cit. art. 1, co. 421, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Tale disposizione si applica a decorrere dalla data di presentazione del modello di pagamento unificato nel quale sono indicati crediti inesistenti utilizzati in compensazione.
I giudici della Corte hanno affermato che il legislatore, nel fissare il termine di 8 anni per il recupero dei crediti d’imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l’inesistenza del credito a categoria distinta dalla “non spettanza” dello stesso, ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l’investimento che ha generato il credito d’imposta, margine di tempo perciò indistintamente fissato in 8 anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall’art. 43, D.P.R. n. 600/1973.


Accertamento pagamenti tracciabili: riduzione dei termini di decadenza


I chiarimenti del Fisco sull’accertamento e la riduzione dei termini di decadenza in ipotesi di pagamenti tracciabili (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 agosto 2022, n. 438)


 


Il termine di decadenza di cui all’articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e il termine di decadenza di cui all’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono ridotti di due anni. La riduzione si applica solo per i soggetti passivi di cui all’articolo 1 che garantiscono, nei modi stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500. (art. 3, decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127).
Nel ricostruire l’evoluzione normativa di tale disposizione e la sua portata applicativa, la riduzione dei termini di decadenza degli accertamenti prevista dall’articolo 3 del d.lgs. n. 127 del 2015 può essere riconosciuta solo a coloro che:
a) documentano le operazioni poste in essere tramite fatturazione elettronica via SdI e/o memorizzazione elettronica ed invio telematico dei dati dei corrispettivi giornalieri, rammentando che la prima modalità di documentazione è sempre utilizzabile, nelle sue varie forme (fattura “immediata” o “differita”), in alternativa alla seconda;
b) garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati relativi a tali operazioni se di ammontare superiore ad euro 500.
Va inoltre evidenziato che restano fermi, tra gli altri, gli ulteriori requisiti fissati dal d.m. 4 agosto 2016 e, quindi:
– la non applicabilità della riduzione dei termini di decadenza a redditi diversi da quelli d’impresa o di lavoro autonomo dichiarati dai soggetti passivi;
– la necessità di indicare nella dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi l’esistenza dei presupposti per la riduzione dei termini;


– l’esigenza che tutti i pagamenti ricevuti ed effettuati relativi ad operazioni di ammontare complessivo superiore ad euro 500 (comprensivo di eventuali imposte, oneri, ecc., anche laddove non incidenti sulla base imponibile dell’operazione) siano eseguiti con uno degli strumenti individuati nel già richiamato articolo 3 del medesimo decreto (bonifico bancario o postale, carta di debito o carta di credito, ecc.).
Alla luce di quanto sopra, si afferma che in assenza di documentazione delle operazioni con le modalità indicate (fatture elettroniche via SdI e/o memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri), la tracciabilità dei pagamenti non è di per sé sufficiente alla riduzione dei termini di decadenza.
Né possono usufruire di tale riduzione coloro che, pur esonerati dalle forme di documentazione richiamate, non vi ricorrono volontariamente.
In risposta al quesito oggetto d’interpello va evidenziato che la tracciabilità dei pagamenti, sebbene costituisca requisito indispensabile, non è di per sé sufficiente alla riduzione dei termini di decadenza previsti dall’articolo 3 del d.lgs. n. 127 del 2015, non potendo, ad esempio, avvalersi di tale beneficio coloro che sono esonerati dagli obblighi di certificazione dei corrispettivi ante richiamati (da operare tramite fattura elettronica e/o memorizzazione e trasmissione dei dati di cui all’articolo 2 del medesimo d.lgs.), salvo non vi ricorrano su base volontaria.
Con specifico riferimento all’istante, essa potrà quindi documentare le cessioni effettuate ed i relativi corrispettivi tramite fattura elettronica via SdI ex articoli 21 e 21- bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) – si ricorda, peraltro, che ciò può avvenire, « ma solo indicando nel documento il codice fiscale del cessionario/committente consumatore, acquisito nel rispetto della normativa vigente» – ovvero, per le operazioni di cui all’articolo 22 del medesimo d.P.R. ( i.e. quelle di commercio al minuto ed assimilate, tra cui rientrano le vendite per corrispondenza), tramite memorizzazione elettronica e trasmissione dei dati secondo la previsione dell’articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 127 del 2015.
Va aggiunto, in proposito, che gli strumenti idonei allo scopo non si sostanziano nel solo registratore telematico, ma comprendono altresì la « procedura web messa gratuitamente a disposizione dei contribuenti in area riservata del sito web dell’Agenzia delle entrate e usabile anche su dispositivi mobili. Mediante tale procedura è possibile generare il documento commerciale di cui al decreto ministeriale del 7 dicembre 2016.».
A tale procedura potrà quindi ricorrere l’istante ove più confacente all’organizzazione della propria attività.


 


Pay-back farmaceutico: variazione IVA


La variazione in diminuzione dell’IVA può essere effettuata emettendo un apposito documento contabile da annotare nei registri IVA (Agenzia Entrate – risposta 29 agosto 2022 n. 440).

Il pay-back è uno degli strumenti utilizzati nel nostro ordinamento per il governo della spesa farmaceutica, volto ad adeguare la spesa per l’erogazione di medicinali da parte del Servizio Sanitario Nazionale al livello di risorse finanziarie disponibili.
Tale strumento si caratterizza per la restituzione da parte delle aziende di una quota dei corrispettivi percepiti per le cessioni effettuate.
A riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha già avuto modo di chiarire che il pay-back, nelle sue varie articolazioni, costituisce una forma di revisione ex lege (attuata tramite l’apposita determinazione dell’AIFA) del prezzo dei beni ceduti, riconducibile alle ipotesi di cui all’art. 26, co. 2, D.P.R. n. 633/1972 ed in ragione della quale può essere emessa una nota di variazione in diminuzione. Emessa tempestivamente detta nota, entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione, ossia, nel caso di specie, la determinazione AIFA di riferimento, l’imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento.
A titolo esemplificativo, se il presupposto per operare la variazione in diminuzione si verifica nel periodo d’imposta 2021, la nota di variazione può essere emessa, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2021, vale a dire entro il 30 aprile 2022. Se la nota è emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2022, la detrazione può essere operata nell’ambito della liquidazione periodica IVA relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa, ovvero direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023).
In relazione al caso di specie, deve escludersi l’emissione di note di variazione in diminuzione connesse a riversamenti che si riferiscono a determinazioni AIFA, con relativa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, anteriori al 1° gennaio 2022.


Ciò fermo restando che laddove intervenga una sentenza della competente Autorità giudiziaria al cui vaglio è stata posta, direttamente o indirettamente, la procedura di determinazione AIFA ritenuta illegittima al fine di ottenere l’annullamento/modifica delle statuizioni ivi contenute, e quindi, in conseguenza, la rideterminazione dell’ammontare imponibile delle operazioni originarie, i termini per l’emissione delle note di variazione decorreranno dalla stessa.


Deve inoltre evidenziarsi che l’emissione delle note potrà essere effettuata con modalità che tengano conto della peculiare situazione di fatto esistente nell’ambito in esame, in conformità alle semplificazioni disposte dal legislatore nei suoi ultimi interventi.