Questionario online Cassa Mutua Nazionale

Con circolare 5/2022 della Cassa Mutua Nazionale è stato comunicato che dallo scorso 20 Aprile e fino al 5 Maggio p.v., è stato avviato un questionario online per conoscere, analizzare e predisporre una migliore assistenza e le più idonee prestazioni da dedicare alle situazioni di fragilità presenti nella platea degli iscritti.

È sempre più necessario farsi carico degli specifici bisogni espressi dagli iscritti e, in particolare, di quelli che si trovano in situazioni di fragilità.
Per definire ed attuare idonee iniziative è, però, indispensabile avere maggiore conoscenza circa le condizioni di tutti gli iscritti, individuando quei soggetti ai quali rivolgere una particolare attenzione.
A tal fine, è stata predisposta un’indagine conoscitiva sanitaria, programmata tramite la piattaforma web e sarà disponibile dal 20 aprile al 5 maggio, sul sito istituzionale www.cmn.bcc.it il cui accesso avviene tramite credenziali.
Lo scopo di tale indagine facoltativa è quello di individuare le categorie degli iscritti in possesso di:
– Invalidità al 100% con Indennità di Accompagnamento;
– Invalidità civile superiore ai due terzi;
– patologie relative ad assistiti fragili e con cronicità.

IVA: esenzione per prestazioni proprie case di riposo e simili


Possono essere fatturate in esenzione da IVA le rette chieste per i servizi di alloggio, per i servizi assimilabili a quelli di sostegno e cura della persona nonché per le altre prestazioni accessorie a questi ultimi, che si rende agli ospiti portatori di handicap psichici. (Agenzia delle entrate – Risposta 27 aprile 2022, n. 221)


 


Nel caso esaminato dall’Amministrazione finanziaria, un’impresa sociale senza scopo di lucro, la cui attività attuale consiste nel fornire assistenza sociale non domiciliare in favore di soggetti con disturbi psichiatrici, intende ampliare la propria attività avviando delle unità abitative in cui attuare programmi residenziali di “abitare supportato”, che non prevedono l’assistenza continua, ma si fondano sul sostegno offerto da operatori non stabilmente presenti nell’appartamento assegnato all’utente. All’utente verrà addebitata dalla Società una retta che include sia l’utilizzo dell’appartamento all’interno del quale risiederà, sia il supporto nello svolgimento delle attività quotidiane nonché l’utilizzo delle strutture comuni (“Club House”). Tra i servizi forniti vi sono le utenze domestiche (Acqua, luce, gas e immondizia), l’assicurazione a copertura dell’immobile e del suo contenuto, le manutenzioni ordinarie dell’immobile, l’accompagnamento a visite mediche ordinarie, attività pomeridiane. La Società chiede pertanto il corretto trattamento ai fini IVA di tali prestazioni.
Secondo il parere del Fisco, ai sensi dell’art. 10, primo comma, n. 21) del dpr n. 633 del 1972 (Decreto Iva) sono esenti dall’imposta le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie.
Come chiarito in diversi documenti di prassi, l’esenzione in argomento ha carattere oggettivo, essendo per la sua applicazione rilevante solo la riconducibilità dei servizi resi tra quelli ivi indicati e non anche la natura giuridica del soggetto prestatore.
Stante, pertanto, il carattere oggettivo dell’esenzione in oggetto, si ritiene che possano essere fatturate in esenzione da IVA le rette chieste dall’Istante per i servizi di alloggio, per i servizi assimilabili a quelli di sostegno e cura della persona nonché per le altre prestazioni accessorie a questi ultimi, che rende ai suoi ospiti portatori di handicap psichici.


Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero


In tema di incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, fermo restando i requisiti previsti dalla disciplina agevolativa, non costituisce motivo di esclusione la prestazione di attività lavorativa subordinata part-time con modalità a distanza per una società italiana contestualmente allo svolgimento di attività di docenza e ricerca all’estero, né lo svolgimento di un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia per un periodo inferiore a 183 giorni nell’anno. (Agenzia delle Entrate – Risposta 27 aprile 2022, n. 222).

Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda la fruizione degli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero.
Nella fattispecie, una ricercatrice italiana, residente all’estero da ottobre 2012, ha svolto documentata attività di ricerca e docenza all’estero presso università e centri di ricerca pubblici e privati. In particolare, l’attività di ricerca è stata svolta:
– per 24 mesi continuativi dal 1° settembre 2014 al 31 agosto 2016, presso un’Università svizzera;
– per 4 mesi continuativi dal 1° novembre 2017 al 31 marzo 2018, presso un Istituto svizzero;
– per 18 mesi continuativi dal 1° aprile 2018 al 30 settembre 2019, presso un’Università francese.
Inoltre, è stata svolta attività di ricerca e docenza per 18 mesi continuativi dal 1° aprile 2020 al 31 agosto 2021 presso un’Università svizzera.
Contestualmente all’attività di ricerca all’estero, dal 27 dicembre 2016 al 18 aprile 2018, è stata svolta attività di lavoro subordinato part-time (20 ore a settimana) in modalità a distanza per una società italiana.
Inoltre, dal 1° marzo 2017 al 30 giugno 2017, è stato svolto un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia.
Considerato che dal 1 ° aprile 2022 la ricercatrice inizia attività di ricerca in Italia, come collaboratrice scientifica in forza di un contratto di lavoro subordinato full-time a tempo determinato (3+2 anni), trasferendo la residenza fiscale in Italia, si chiede se sia possibile accedere al regime fiscale agevolato previsto per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero.
In particolare, fermo restando il rispetto delle condizioni stabilite dalla disciplina agevolativa, si chiede se sono ostativi alla fruizione dell’agevolazione:
1) la prestazione di attività lavorativa subordinata part-time con modalità a distanza contestualmente allo svolgimento di attività di docenza e ricerca all’estero e lo svolgimento di un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia, per i periodi sopra rispettivamente indicati;
2) l’aver svolto attività di ricerca e docenza all’estero per un periodo di due anni continuativi (dal 01.09.2014 al 31.08.2016) non coincidente con i due anni immediatamente precedenti il rientro in Italia (01.04.2022).


In relazione al secondo quesito, riguardante il requisito dell’attività di ricerca e docenza svolta all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che detta attività non necessariamente deve essere stata svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali qualificate attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi.


Con riferimento al primo quesito, concernente lo svolgimento di attività per società, enti ed istituzioni italiane durante la permanenza all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’attività di lavoro dipendente part-time per la società italiana, dall’estero e in modalità a distanza, deve ritenersi produttiva di redditi fuori dal territorio italiano, pertanto non è ostativo alla fruizione del beneficio;
Riguardo al soggiorno di ricerca temporaneo in Italia, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, siccome la predetta attività di ricerca (in Italia) è stata svolta per un periodo inferiore a 183 giorni, nel periodo d’imposta non risulta integrata la condizione che determina la fictio juris della residenza fiscale in Italia, ovvero non può essere assunto come periodo d’imposta in cui il reddito da docenza o ricerca risulta prodotto nel territorio dello Stato in modo prevalente. Pertanto, non deve ritenersi ostativo della fruizione del beneficio.

ASSOCIAZIONI e CGIL CISL UIL: Accordo di solidarietà per il popolo ucraino

Il giorno 25/3/2022, tra CASARTIGIANI, CNA, CONFAGRICOLTURA, CONFAPI, CONFARTIGIANATO, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI, CONFETRA, CONFIMINDUSTRIA e CGIL, CISL, UIL, si è sottoscritto l’Accordo di solidarietà per il popolo ucraino

Le Confederazioni Cgil Cisl Uil e le Associazioni Datoriali CASARTIGIANI, CNA, CONFAGRICOLTURA, CONFAPI, CONFARTIGIANATO IMPRESE, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI, CONFETRA, CONFIMI INDUSTRIA, condividendo i valori della Pace, della Democrazia, della Solidarietà, dell’amicizia dei Popoli, di fronte alla drammatica situazione che la guerra sta determinando in Ucraina, con milioni di profughi, hanno concordato di impegnarsi attraverso un sostegno mirato a sviluppare azioni concrete destinate a finalità umanitarie per il popolo ucraino nell’emergenza e per il futuro.
A tale scopo è stato attivato un conto corrente bancario denominato “CGIL CISL UIL Fondo di solidarietà per il popolo ucraino”, IBAN: IT90N0103003201000003300022, dove far confluire contributi volontari da parte delle lavoratrici, dei lavoratori e delle imprese da raccogliere nelle modalità che i diversi soggetti intenderanno individuare.
Le Organizzazioni firmatarie del suddetto Accordo effettueranno puntuale valutazione delle modalità di intervento umanitario attraverso la nomina di un “Comitato di indirizzo”.
La raccolta dei contributi avrà termine il 31 ottobre 2022.

Linee guida per le piccole produzioni agro-alimentari


Pubblicata nella G.U. 22 aprile 2022, n. 94, la Legge 01 aprile 2022, n. 30 recante norme per la valorizzazione delle piccole produzioni agro-alimentari di origine locale.

Per piccole produzioni locali (PPL) si definiscono i prodotti agricoli di origine animale o vegetale primari o ottenuti dalla trasformazione di materie prime derivanti da coltivazione o allevamento svolti esclusivamente sui terreni di pertinenza dell’azienda, destinati all’alimentazione umana, ottenuti presso un’azienda agricola o ittica, destinati, in limitate quantità in termini assoluti, al consumo immediato e alla vendita diretta al consumatore finale nell’ambito della provincia in cui si trova la sede di produzione e delle province contermini.
Per la fornitura diretta di piccoli quantitativi di carni provenienti da pollame e lagomorfi e di piccoli quantitativi di selvaggina selvatica o di carne di selvaggina selvatica, i prodotti ottenuti da carni di animali provenienti dall’azienda agricola devono derivare da animali regolarmente macellati in un macello registrato o riconosciuto che abbia la propria sede nell’ambito della provincia in cui si trova la sede di produzione o delle province contermini.


Le aziende PPL sono identificate con apposito logo che deve essere esposto nei luoghi di vendita diretta, nei mercati, negli esercizi commerciali o di ristorazione ovvero negli spazi espositivi appositamente dedicati oppure all’interno dei locali, anche degli esercizi della grande distribuzione, e deve essere pubblicato nelle piattaforme informatiche di acquisto o distribuzione che forniscono i prodotti.


La vendita diretta al consumatore finale dei prodotti PPL e il consumo immediato possono avvenire:
– presso la propria azienda e presso esercizi di vendita a questa funzionalmente connessi compresa la malga, purché gestiti dal medesimo imprenditore agricolo;
– nell’ambito di mercati, fiere e altri eventi o manifestazioni, da parte del medesimo imprenditore agricolo;
– negli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione in ambito locale che riforniscono direttamente il consumatore finale.


La produzione e la commercializzazione dei prodotti PPL deve essere effettuata nel rispetto dei requisiti dell’igiene sui prodotti alimentari e di quelle specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale.


I locali già registrati sono ritenuti conformi per l’attività sui prodotti PPL.
Possono essere istituiti corsi di formazione per il personale addetto alla lavorazione, alla preparazione, alla trasformazione, al confezionamento, al trasporto e alla vendita dei prodotti PPL, da svolgersi nella regione o provincia autonoma nel cui territorio ha luogo l’attività dell’azienda. Il corso, ove istituito, deve essere frequentato entro 15 mesi dalla registrazione dell’attività e in ogni caso prima dell’avvio delle lavorazioni, a meno che l’operatore interessato, o il personale che lo coadiuva, non abbia ricevuto un addestramento o una formazione in materia di igiene alimentare giudicati adeguati da parte dell’autorità competente rispetto alla tipologia di prodotti PPL di interesse.


L’imprenditore che immette sul mercato prodotti qualificandoli erroneamente come PPL è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.600 euro a 9.500 euro. In tal caso, in caso di utilizzo del logo è disposta altresì la sanzione accessoria della sospensione della licenza d’uso del logo stesso per un periodo da 1 a 3 mesi e in caso di reiterazione della violazione la revoca della licenza d’uso del logo.